Caterina Fieschi Adorno


Nobildonna vissuta a Genova nel Quattrocento, Caterina Fieschi fa parte di quella fioritura di scrittrici mistiche che ebbe il suo culmine in un periodo storico pieno di incertezze, di contraddizioni, di aspri contrasti sia nella vita sociale che nelle coscienze individuali, e che segnò il trapasso tra Medioevo e Rinascimento

Si sa che «santi non si nasce, ma si diventa». Eppure, come nella vita di ciascuno di noi si presentano particolari situazioni che ci costringono a prendere una via piuttosto che un’altra, anche nella vita dei santi ci sono eventi che li trascinano, loro malgrado, in una direzione diversa da quella che avrebbero scelto spontaneamente, e che si rivela poi fondamentale nel loro percorso di vita: per Caterina Fieschi, che ancora giovanissima si era presentata al convento di Santa Maria delle Grazie in Carignano, dove si trovava già sua sorella Limbania, per farsi monaca, e dove non fu accettata per la sua giovane età, il matrimonio con Giuliano Adorno, appartenente a una famiglia rivale dei Fieschi – che le fu imposto per motivi di alleanze politiche e di prestigio di casata – fu l’inizio di una presa di coscienza, di un impegno di vita che doveva portarla a rifugiarsi nell’amore divino con una progressiva rinuncia di se stessa e, infine, a donarsi, come olocausto di penitenza in remissione dei peccati.

I santi sono persone che «sanno riconoscere i segni dei tempi e sanno dargli un’adeguata risposta», e ciò accadde anche a Caterina che fu sottoposta a prove tali che le diedero modo di scoprire qual era il progetto di Dio nella sua vita: dopo pochi anni di vita matrimoniale con un uomo violento, libertino, scialacquatore, che in poco tempo sperpererà i beni suoi e della moglie, con il quale non riusciva ad avere un colloquio costruttivo, a raggiungere un’intesa spirituale della quale sentiva il bisogno, a un certo momento, forse per una sfida con se stessa, Caterina decise di seguire i consigli delle donne di famiglia, e in particolare della madre che aveva «pilotato» il suo matrimonio, e che la spingeva ad usare le arti della femminilità per conquistare il marito che, naturalmente, conosceva ben altri tipi di donne avendo avuto già cinque figli naturali.

Caterina si diede alla vita mondana, si vestì in maniera sontuosa, com’era usanza tra le dame del tempo, per recarsi a ricevimenti, feste, spettacoli e diventando in breve, poiché era giovane e bella, una delle nobildonne più ricercate e ammirate dell’alta società genovese.

Ma ad un tratto ecco il segnale, la frattura, il progetto di Dio che s’insinua nella sua vita: il 20 marzo 1473, nell’accendere un cero nella chiesa di San Benedetto, invocando una malattia che le consenta di estraniarsi dalle cose del mondo, sente nuovamente ardere nel fondo del suo cuore il fuoco della fede, il desiderio di donarsi a Dio che aveva provato nella sua fanciullezza; ecco apparire l’esperienza di quegli anni in tutto il suo squallore morale ed esistenziale, e sentire l’amore di Dio invaderla completamente tanto da farle esclamare come un impegno solenne: «O Amore, mai più mondo, mai più peccati».

Caterina sentì che si era operata in lei una catarsi, che la prova era stata superata, ma ha bisogno di una conferma, di una «candidatura» alla santità, e torna al monastero delle Grazie nel quale avrebbe voluto entrare da bambina, e si confessa proprio con padre Albergo Malio che già allora aveva creduto alla sua vocazione.

Quando torna a casa non è più la nobile signora Fieschi Adorno: è ormai la sposa di Cristo, quel Cristo che aveva visto con la croce sulle spalle versare tutto il suo Sangue per i peccati degli uomini; Sangue che, nella sua visione, aveva inondato anche la sua casa.

Caterina Fieschi inizia così un cammino di offerta e piena immersione nel cuore trafitto di Cristo.

Sarà un percorso aspro, doloroso, anche per le mortificazioni, le penitenze a cui sottopose se stessa; ma nello stesso tempo ricco di opere di carità, di abnegazione verso coloro che vivevano in uno stato di estrema indigenza nei carruggi malfamati di una città che per la sua posizione strategica, i suoi commerci, la sua sagace economia è, nel XV secolo, protagonista della finanza mondiale; e, infine, per la sua sapiente opera di operatrice sanitaria nei maggiori ospedali genovesi.

Il suo grande impegno di vita farà di Caterina il faro di luce che illuminerà le menti e i cuori di coloro che la conoscono, che la seguono nella via del bene, che traggono nutrimento e conforto dal suo esempio e dalle sue parole.

Anche se Caterina resterà sempre una laica, anche se non fonderà nessun ordine religioso, se non avrà maestri di teologia, se non potrà scrivere da sé le esperienze mistiche, il percorso ascetico che segnerà il suo cammino verso la santità, le sue parole diverranno eredità preziosa di coloro che ebbero il privilegio di esserle vicini e di ascoltarla, e saranno i suoi discepoli a scriverle o a farle scrivere per poi raccoglierle in volumi già pochi decenni dopo la sua morte, avvenuta nel 1510. Questi tesori di spiritualità sono racchiusi nel Trattato sul Purgatorio e nel Dialogo tra il Corpo, l’Anima e l’Amor Proprio, frutto del suo legame interiore e mistico con Cristo.

Tratto da Come stelle nel cielo di Maria Luigia Ronco Valenti, ed Pro Sanctitate


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