La rivoluzione dell’amore, tutti santi tutti fratelli

Penetrare le parole, esplorare il significato


Tutti santi, tutti fratelli
Quattro parole semplici ed efficaci, immediate ed inequivocabili, eppure composte per metà di un lessico estraneo alla laica quotidianità.
Santi e fratelli: sono parole che rimandano subito all’idea di un mondo diverso e stimolano l’immaginazione verso la rappresentazione di un paesaggio bucolico di biblica memoria…

Il lupo dimorerà insieme con l’agnello;
il leopardo si sdraierà accanto al capretto;
il vitello e il leoncello pascoleranno insieme
e un piccolo fanciullo li guiderà.
La mucca e l’orsa pascoleranno insieme;
i loro piccoli si sdraieranno insieme.
Il leone si ciberà di paglia, come il bue.
Il lattante si trastullerà sulla buca della vipera;
il bambino metterà la mano nel covo del serpente velenoso.
Non agiranno più iniquamente né saccheggeranno
in tutto il mio santo monte,
perché la conoscenza del Signore riempirà la terra
come le acque ricoprono il mare. (Is 11, 6-9)

Uno scenario, appunto, immaginario, utopico, lontano da qualsiasi pragmatico realismo.
Lontano nel tempo, perché rimanda ad un mondo altro, quello che verrà; ma anche lontano dalla realtà, perché raffigura una immagine quanto mai distante dalle case e dai luoghi di lavoro e di vita, dagli ambienti che frequentiamo, dalle strade che ogni giorno percorriamo. È un paesaggio senza rumori, quello che descrive Isaia, senza frastuono, senza distrazioni. In una parola: irreale.

Questo forse è il primo rischio interpretativo di un ideale – quello della santità e della fraternità universali – che invece porta con sé una prospettiva quanto mai concreta, reale, attuativa direi.

Ce lo dimostra proprio la vita dei santi: basta conoscere la strada percorsa da questi uomini e queste donne, straordinari nella loro ordinarietà, che hanno vissuto una esistenza tutt’altro che bucolica.
Quelle dei santi sono vite composte di gioie e di dolori, di vittorie e sconfitte, di soddisfazioni e di fatiche, di corse e di cadute. Sono esperienze squisitamente umane, portatrici delle più naturali e spontanee contraddizioni dell’animo.
Eppure abitate prepotentemente da Dio. Trafitte, penetrate, plasmate e trasformate dall’Amore che in loro si manifesta in modo visibile, riconoscibile, e anche potentemente contagioso.


La rivoluzione dell’amore
Rivoluzione e amore sono invece due parole assolutamente comuni, ma rimandano a significati fra loro molto distanti. Accostate, ci sembrano un ossimoro, una contraddizione di termini.
La parola Rivoluzione ci ispira immediatamente l’idea del cambiamento, del rovesciamento e del sovvertimento dello status quo. Ad essa la storia accosta spessissimo battaglie e guerriglie più o meno organizzate, vittime e spargimenti di sangue.
Al contrario la parola amore, richiama una idea di concordia, di accoglienza, a volte di paziente sopportazione; insomma potrebbe restituire un’idea opposta a quella di rivoluzione.

Nella figura di Cristo Gesù, le parole santi, fratelli, rivoluzione, amore, si incarnano in perfetta armonia e limpida coerenza, si manifestano nella più trasparente evidenza.
Se guardiamo Lui, le sue scelte e i suoi gesti; se ascoltiamo le sue parole, i suoi insegnamenti… scopriamo che senza armi e senza prepotenza, Gesù è stato l’uomo più rivoluzionario della storia.


Cosa può significare dunque, oggi, vivere la Rivoluzione dell’Amore?
Come dare concretezza allo slogan «Tutti Santi, tutti fratelli»?
Sono interrogativi essenziali, perché corriamo il rischio che questa Giornata della Santificazione Universale trascorra brillantemente come una splendida giornata – magari arricchita da belle iniziative e commuoventi celebrazioni – senza che esse scalfisca minimamente le nostre vite, le nostre abitudini, le nostre mentalità e le nostre convinzioni.

Per vivere questa rivoluzione dell’amore potremmo ad esempio cominciare dal fare un gesto di riconciliazione per ricomporre una frattura, dal rinunciare ad una legittima pretesa per sedare un conflitto, o dal a fare un passo indietro per guadagnare uno spazio di comunione.

La rivoluzione dell’amore potrebbe chiederci di assumere una posizione scomoda, a favore della giustizia e dell’equità; di alzare la voce per riscattare il debole che voce non ha o di tacere, perché c’è un tempo in cui le parole non servono, serve agire.

La rivoluzione dell’amore ci chiama a risalire la corrente, a difendere la dignità e la preziosità della vita sempre e ad interpretarla con criteri diversi dalla mentalità dominante: rivoluzione è riconoscere la sofferenza e la debolezza, sapendo che queste dimensioni possono aiutarci a restituire al mondo il senso della realtà, rivoluzione è guardare le imperfezioni, per imparare a riconoscere i doni, è rifiutare la logica dell’efficienza e della competizione, nella consapevolezza del limite intrinseco nella umana natura; rivoluzione è mettere da parte le apparenze, purificarci dalle futili illusioni e recuperare valori e relazioni profonde, essenziali e vitali.

La rivoluzione dell’amore non ci lascia mai comodi nel nostro ben-essere.
Chiede una mente intelligente che si ponga domande oneste, che cerchi risposte coraggiose, disposta a leggere la storia e le situazioni con verità.
La rivoluzione esige un cuore che arda di carità, che si commuova di fronte al bisogno dell’altro, che soffra di fronte alle sofferenze; un cuore inquieto, scomodato dagli insegnamenti del Vangelo, un cuore capace di mettere in moto gambe e mani per andare incontro, partire, abbracciare, aiutare, sostenere, faticare.

No, non vedremo il lupo dimorare accanto all’agnello, né il lattante giocare con un vipera, ma faremo un’esperienza di vita rinnovata, di ritrovata unità.
La rivoluzione che parte dall’impegno di ciascuno, cambia la vita delle famiglie, penetra ogni ambiente, rinnova il volto delle comunità, rende viva, vera ed efficace la missione della Chiesa.
Non possiamo tirarci indietro, il mondo oggi non ha bisogno di una filosofia, né di un’idea; il mondo esige concretezza, coerenza, audacia e coraggio. Attende, dai cristiani, la Rivoluzione dell’Amore.


Giulia Sergiacomo


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