E il Padre sorride

Il 7 marzo scorso, il Santo Padre Francesco ha incontrato il clero della sua Diocesi: per i sette anni che ci separano dal prossimo Anno Santo, il Papa ha proposto ...



Il 7 marzo scorso, il Santo Padre Francesco ha incontrato il clero della sua Diocesi: per i sette anni che ci separano dal prossimo Anno Santo, il Papa ha proposto al clero una meditazione basata sul libro dell’Esodo come paradigma. Ne pubblichiamo uno stralcio significativo e siamo particolarmente soddisfatti di farlo in questo numero del giornale in cui è presente una significativa memoria del nostro Fondatore, il Servo di Dio Guglielmo Giaquinta, senza dimenticare che venerdì 28 giugno la Chiesa celebra la Giornata mondiale di preghiera per la Santificazione dei Sacerdoti.


… È bello il modo in cui Dio coinvolge Mosè, lo tratta davvero come suo amico: lo prepara prima che scenda dalla montagna avvertendolo della perversione del popolo, accetta che egli faccia da intercessore per i suoi fratelli, lo ascolta mentre gli ricorda il giuramento che Lui, Dio, ha fatto ad Abramo, Isacco e Giacobbe. Possiamo immaginare che Dio abbia sorriso quando Mosè lo ha invitato a non contraddirsi, a non fare brutta figura agli occhi degli egiziani e a non essere da meno dei loro dei, ad aver rispetto del suo Nome santo. Lo provoca con la dialettica delle responsabilità: “Il tuo popolo, che tu, Mosè, hai fatto uscire dall’Egitto”, perché Mosè risponda sottolineando che no, il popolo appartiene a Dio, è Lui che lo ha fatto uscire dall’Egitto… E questo è un dialogo maturo, con il Signore. Quando vediamo che il popolo che noi serviamo nella parrocchia, o dovunque, si è allontanato, noi abbiamo questa tendenza di dire: “È la mia gente, è il mio popolo”. Sì, è il tuo popolo, ma vicariamente, diciamo così: il popolo è Suo! E allora andare a rimproverarlo: “Guarda il tuo popolo cosa sta facendo”. Questo dialogo con il Signore.
Ma il cuore di Dio ha esultato di gioia quando ha udito le parole di Mosè: «Se tu perdonassi il loro peccato […] Altrimenti, cancellami dal tuo libro che hai scritto!» (Es 32, 32). E questa è una delle cose più belle del sacerdote, del prete che va davanti al Signore e mette la faccia per il suo popolo. “È il tuo popolo, non il mio, e tu devi perdonare” – “No, ma…” – “Io me ne vado! Io con te non parlo più. Cancellami”. Ci vogliono dei “pantaloni”, per parlare così con Dio! Ma noi dobbiamo parlare così, come uomini, non come pusillanimi, come uomini! Perché questo significa che io sono consapevole del posto che ho nella Chiesa, che non sono un amministratore, messo lì per portare avanti ordinatamente qualcosa. Significa che io credo, che io ho fede. Provate a parlare così, con Dio.
Morire per il popolo, condividere il destino del popolo qualunque cosa succeda, fino a morirne. Mosè non ha accettato la proposta di Dio, non ha accettato la corruzione. Dio fa finta di volerlo corrompere. Non ha accettato: “No, in questo non ci sto. Io sto con il popolo. Con il tuo popolo”. La proposta di Dio era: «Lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li divori. Di te farò una grande nazione» (Es 32, 10) – ecco la “corruzione”. Ma come? Dio è il corruttore? Sta cercando di vedere il cuore del suo pastore. Non vuole salvare sé stesso, Mosè: ormai egli è una cosa sola con i suoi fratelli. Magari ognuno di noi arrivasse a questo punto, magari! È brutto quando un sacerdote va dal vescovo a lamentarsi della sua gente: “Ah, non si può, questa gente non capisce niente, e così, e cosà …, si butta via il tempo…”. È brutto! Cosa manca a quell’uomo? Tante cose mancano, a quel sacerdote! Mosè non fa questo. Non vuole salvare sé stesso, perché lui è una sola cosa con i suoi fratelli. Qui il Padre ha visto il volto del Figlio. La luce dello Spirito di Dio ha invaso il volto di Mosè e ha tratteggiato sul suo volto i lineamenti del Crocifisso Risorto, rendendolo luminoso. E quando noi andiamo lì a lottare con Dio – anche il nostro padre Abramo l’aveva fatta, quella lotta con Dio – quando andiamo lì facciamo vedere che assomigliamo a Gesù, che dà la vita per il suo popolo. E il Padre sorride: vedrà in noi lo sguardo di Gesù che è andato alla morte per noi, per il popolo del Padre, noi. Il cuore dell’amico di Dio si è ormai pienamente dilatato, diventando grande – Mosè, l’amico di Dio – simile al cuore di Dio, molto più grande del cuore umano (cfr 1Gv 3, 18). Davvero Mosè è diventato l’amico che parla con Dio faccia a faccia (cfr Es 33, 11). Faccia a faccia! Questo è quando il vescovo o il padre spirituale domanda a un sacerdote se prega: “Sì sì, io… sì, io con la ‘suocera’ mi arrangio – la ‘suocera’ è il breviario – sì, mi arrangio, faccio le Lodi, poi…”. No, no. Se tu preghi, cosa vuol dire? Se tu metti la faccia per il tuo popolo davanti a Dio. Se tu vai a lottare per il tuo popolo con Dio. Questo è pregare, per un sacerdote. Non è fare le prescrizioni. “Ah, Padre, ma allora il breviario non va più?”. No, il breviario va, ma con questo atteggiamento. Tu sei lì, davanti a Dio e il tuo popolo dietro di te. E Mosè è anche il custode della Gloria di Dio, dei segreti di Dio. Ha contemplato la Gloria di spalle, ha udito il suo vero Nome sulla montagna, ha compreso il suo amore di Padre.
Cari fratelli, è un privilegio enorme il nostro! Dio conosce la nostra “vergognosa nudità”. Mi ha colpito tanto quando ho visto l’originale della Vergine Odigitria di Bari: non è come adesso, un po’ vestito con le vesti che mettono sull’icona i cristiani orientali. È la Madonna con il bambino nudo. Mi è piaciuto tanto che il Vescovo di Bari mi ha fatto avere una di queste, me l’ha regalata, e l’ho messa lì, davanti alla mia porta. E a me piace – lo dico per condividere un’esperienza – mi piace al mattino, quando mi alzo, quando passo davanti, dire alla Madonna che custodisca la mia nudità: “Madre, tu conosci tutte le mie nudità”. Questa è una cosa grande: chiedere al Signore – dalla mia nudità – chiedere che custodisca la mia nudità. Lei le conosce tutte. Dio conosce la nostra “vergognosa nudità”, eppure non si stanca di servirsi di noi per offrire agli uomini la riconciliazione. Siamo poverissimi, peccatori, eppure Dio ci prende per intercedere per i nostri fratelli e per distribuire agli uomini, attraverso le nostri mani per nulla innocenti, la salvezza che rigenera.
II peccato ci deturpa, e ne facciamo con dolore l’umiliante esperienza quando noi stessi o uno dei nostri fratelli sacerdoti o vescovi cade nel baratro senza fondo del vizio, della corruzione o, peggio ancora, del crimine che distrugge la vita degli altri. Sento di condividere con voi il dolore e la pena insopportabili che causano in noi e in tutto il corpo ecclesiale l’onda degli scandali di cui i giornali del mondo intero sono ormai pieni. È evidente che il vero significato di ciò che sta accadendo è da cercare nello spirito del male, nel Nemico, che agisce con la pretesa di essere il padrone del mondo, come ho detto nella liturgia eucaristica al termine dell’Incontro sulla protezione dei minori nella Chiesa (24 febbraio 2018). Eppure, non scoraggiamoci! II Signore sta purificando la sua Sposa e ci sta convertendo tutti a sé. Ci sta facendo sperimentare la prova perché comprendiamo che senza di Lui siamo polvere. Ci sta salvando dall’ipocrisia, dalla spiritualità delle apparenze. Egli sta soffiando il suo Spirito per ridare bellezza alla sua Sposa, sorpresa in flagrante adulterio. Ci farà bene prendere oggi il capitolo 16 di Ezechiele. Questa la storia della Chiesa. Questa è la mia storia, può dire ognuno di noi. E alla fine, ma attraverso la tua vergogna, tu continuerai a essere il pastore. Il nostro umile pentimento, che rimane silenzioso tra le lacrime di fronte alla mostruosità del peccato e all’insondabile grandezza del perdono di Dio, questo, questo umile pentimento è l’inizio della nostra santità.


Papa Francesco
Incontro con il clero della Diocesi di Roma
Basilica di San Giovanni in Laterano, 7 marzo 2019
© Libreria Editrice Vaticana

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