Santa Scolastica

Il santo del mese - 10 febbraio


Dopo Agnese di Assisi che ha seguito, insieme a sua sorella e sua madre, la sorella Chiara e frate Francesco, dopo Francesco di Sales contagioso di santità per molti e in special modo per Giovanna Francesca di Chantal, ecco Scolastica, sorella gemella di Benedetto da Norcia.
Abbiamo poche notizie di Scolastica e approssimative. Nacque a Norcia verso il 480 da Eutropio Anicio, discendente dall’antica famiglia romana degli Anicii, Capitano Generale dei romani, e dalla contessa Claudia Abondantia Reguardati che morì subito dopo il parto. Il padre, che aveva dedicato grandi cure ai due bambini, promise a Dio la vita monastica per Scolastica.
Mandati a Roma per gli studi scolastici, Benedetto e Scolastica rimasero profondamente colpiti dallo stile dissoluto che vi si conduceva e ben presto, prima l’uno e poi l’altra, scelsero di dedicarsi alla vita religiosa, prima eremitica e poi in comunità stabili.
Scolastica entrò in un monastero vicino Norcia, ma poi seguì il fratello vicino Subiaco e successivamente vicino Montecassino, dove iniziò con altre donne la vita secondo la Regola di San Benedetto.
Era molto legata al silenzio come luogo di incontro e di dialogo con Dio, ma anche come prudente riservatezza con i visitatori del monastero.
«Tacete, o parlate di Dio, poiché quale cosa in questo mondo è tanto degna da doverne parlare?».
Il poco che conosciamo della nostra santa lo dobbiamo a san Gregorio Magno che nel secondo Libro dei Dialoghi ce la presenta soprattutto come esempio di santità e in relazione alla vita santa di Benedetto.
A Gregorio dobbiamo la descrizione dell’ultimo incontro tra i due fratelli, che abitualmente avevano un incontro all’anno per condividere le meraviglie di Dio e per consigliarsi sulla guida delle comunità religiose appena fondate.
Era presumibilmente il 6 febbraio 547, si incontrano in una casetta poco lontana dall’Abbazia di Montecassino.
“Trascorsero la giornata intera nelle lodi di Dio ed in santi colloqui, e quando cominciava a calare la sera, presero insieme un po’ di cibo. Si trattennero ancora a tavola e col prolungarsi dei santi colloqui, l’ora si era protratta più del consueto.
Ad un certo punto la pia sorella gli rivolse questa preghiera: «Ti chiedo proprio per favore: non lasciarmi per questa notte, ma fermiamoci fino al mattino, a pregustare, con le nostre conversazioni, le gioie del cielo… «. Ma egli le rispose: «Ma cosa dici mai, sorella? Non posso assolutamente pernottare fuori del monastero».
La serenità del cielo era totale: non si vedeva all’orizzonte neanche una nube.
Alla risposta negativa del fratello, la religiosa poggiò sul tavolo le mano a dita conserte, vi poggiò sopra il capo, e si immerse in profonda orazione. Quando sollevò il capo dalla tavola si scatenò una tempesta di lampi e tuoni insieme con un diluvio d’acqua, in tale quantità che né il venerabile Benedetto, né i monaci ch’eran con lui, poterono metter piedi fuori dell’abitazione.
La santa donna, reclinando il capo tra le mani, aveva sparso sul tavolo un fiume di lagrime, per le quali l’azzurro del cielo si era trasformato in pioggia. Neppure ad intervallo di un istante il temporale seguì alla preghiera: ma fu tanta la simultaneità tra la preghiera e la pioggia, che ella sollevò il capo dalla mensa insieme ai primi tuoni: fu un solo e identico momento sollevare il capo e precipitare la pioggia.
L’uomo di Dio capì subito che in mezzo a quei lampi, tuoni, e spaventoso nubifragio era impossibile far ritorno al monastero e allora, un po’ rattristato, cominciò a lamentarsi con la sorella: «Che Dio onnipotente ti perdoni, sorella benedetta; ma che hai fatto?». Rispose lei: «Vedi, ho pregato te e non mi hai voluto dare retta; ho pregato il mio Signore e lui mi ha ascoltato. Adesso esci pure, se gliela fai: e me lasciami qui e torna al tuo monastero».
Ormai era impossibile proprio uscire all’aperto e lui che di sua iniziativa non l’avrebbe voluto, fu costretto a rimaner lì contro la sua volontà. E così trascorsero tutti la notte vegliando e si riempirono l’anima di sacri discorsi, scambiandosi a vicenda esperienze di vita spirituale.”
E Gregorio commenta: “E non c’è per niente da meravigliarsi che una donna, desiderosa di trattenersi più a lungo col fratello, in quella occasione abbia avuto più potere di lui perché, secondo la dottrina di Giovanni: «Dio è amore»; fu quindi giustissimo che potesse di più colei che amava di più!”.
“Tre giorni dopo Benedetto era in camera a pregare. Alzando gli occhi al cielo, vide l’anima di sua sorella che, uscita dal corpo, si dirigeva in figura di colomba, verso le misteriose profondità dei cieli.
Ripieno di gioia, per averla vista così gloriosa, rese grazie a Dio onnipotente con inni e canti di lode, poi andò a partecipare ai fratelli la sua dipartita. Ne mandò poi subito alcuni, perché trasportassero il suo corpo nel monastero e lo seppellissero nel sepolcro che egli aveva già preparato per sé.
Avvenne così che neppure la tomba poté separare quelle due anime, la cui mente era stata un’anima sola in Dio.”
Sì, la santità è davvero contagiosa! Non solo per l’amore di Dio acceso nei cuori di Benedetto e Scolastica ma per tutto ciò che le loro vite e le loro opere hanno costruito nella società civile, rispetto al patrimonio culturale, artistico e non solo, e anche nella Chiesa con un assetto più definito del monachesimo maschile e femminile in occidente.
Quanti beati e santi nel solco della spiritualità benedettina! Wikipedia ne elenca 135! Ma quante e quanti hanno vissuto nel quotidiano nascondimento la preziosa regola dell’ora et labora!

Teresa Carboni


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