Continuiamo a proporre testi di riflessione per sostenere la crescita personale e l’animazione di incontri comunitari.
“Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese. Al vincitore darò la manna nascosta e una pietruzza bianca, sulla quale sta scritto un nome nuovo, che nessuno conosce all’infuori di chi lo riceve“. (Ap 2, 17)
Per il resto, fratelli, vi preghiamo e supplichiamo nel Signore Gesù affinché, come avete imparato da noi il modo di comportarvi e di piacere a Dio – e così già vi comportate -, possiate progredire ancora di più. Voi conoscete quali regole di vita vi abbiamo dato da parte del Signore Gesù. Questa infatti è volontà di Dio, la vostra santificazione: che vi asteniate dall’impurità, che ciascuno di voi sappia trattare il proprio corpo con santità e rispetto, senza lasciarsi dominare dalla passione, come i pagani che non conoscono Dio; che nessuno in questo campo offenda o inganni il proprio fratello, perché il Signore punisce tutte queste cose, come vi abbiamo già detto e ribadito. Dio non ci ha chiamati all’impurità, ma alla santificazione. Perciò chi disprezza queste cose non disprezza un uomo, ma Dio stesso, che vi dona il suo santo Spirito. Riguardo all’amore fraterno, non avete bisogno che ve ne scriva; voi stessi infatti avete imparato da Dio ad amarvi gli uni gli altri, e questo lo fate verso tutti i fratelli dell’intera Macedonia. Ma vi esortiamo, fratelli, a progredire ancora di più e a fare tutto il possibile per vivere in pace, occuparvi delle vostre cose e lavorare con le vostre mani, come vi abbiamo ordinato, e così condurre una vita decorosa di fronte agli estranei e non avere bisogno di nessuno. (1Ts 4, 1-12)
Ciascuno di noi ha ricevuto una pietruzza bianca sulla quale il buon Dio ha scritto il nostro nome a caratteri d’oro e nessuno conosce questo nome se non il proprietario della pietruzza, cioè ciascuno di noi, è il segreto dei Re. Viene da chiedersi se ci siamo accorti che il buon Dio ci ha dato questa pietruzza bianca con il nostro carisma, se abbiamo cercato di leggere quel nome particolare che il Signore v’ha scritto sopra, se tale pietruzza l’abbiamo ancora o l’abbiamo gettata via o venduta o barattata. È questo un vero problema giacché a ciascuno il Signore ha dato un proprio carisma. La città splendida di cui parla l’Apocalisse, è noto, è la Chiesa. Di questa Chiesa il Signore dice che è una città posta sul monte la quale ha la funzione di essere conosciuta e di spandere luce; e se questo vale per la Chiesa – e Gesù lo dice esplicitamente – vale anche per ciascun membro della Chiesa: Affinché gli altri vedano le vostre opere buone e glorifichino il Padre (Mt 5, 16). Dobbiamo dunque essere città ponte sul monte, luce che brilla sul monte, testimonianza agli altri. Ma noi chi siamo? Siamo un niente (povera pietra grezza che ha bisogno di essere lavorata, scolpita dallo Spirito Santo); siamo pietra povera ma che, contemporaneamente, deve diventare luce perché Cristo ci ha fatti capaci di illuminare il mondo, di essere il lievito del mondo. È il problema della personale testimonianza ed esemplarità. C’è da chiedersi dunque se siamo pietre preziose che gli altri volentieri comprerebbero o pietre false che gli altri volentieri baratterebbero?.
(La Pietra, G. Giaquinta)
Anche in ordine soprannaturale noi nasciamo con il nostro codice genetico soprannaturale. Portiamo dentro di noi, fin dal primo momento del nostro essere, il piano del domani; il Signore lo ha previsto e lo ha attuato in nuce, in bozzolo dentro di noi perché poi questo bozzolo si sviluppi e costituisca il domani. Da ciò la necessità di scoprire il piano di Dio su di noi, di cogliere le divine modulazioni del dialogo di Dio con noi, per conoscerci intimamente, per ascoltare dentro di noi la voce di Dio. Gli altri non possono, e non devono condizionare il cammino, la chiamata che nasce da Dio, perché Dio per ciascuno, questa chiamata, l’ha pensata, voluta e stabilita dall’eternità e poi l’ha attuata nel tempo. Il Vangelo usa il verbo «trahere» – Dio ci attrae – che esprime in qualche modo l’azione calamitante di Dio che sta dentro di noi. S. Agostino ci parla di questa attrazione: «Tardi ti amai, bellezza così antica e così nuova, tardi ti amai. Sì perché tu eri dentro di me e io fuori. Lì ti cercavo. Deforme, mi gettavo sulle belle forme delle tue creature. Eri con me, e non ero con te. Mi tenevano lontano da te le tue creature, inesistenti se non esistessero in te. Mi chiamasti, e il tuo grido sfondò la mia sordità; balenasti, e il tuo splendore dissipò la mia cecità; diffondesti la tua fragranza, e respirai e anelo verso di te, gustai e ho fame e sete; mi toccasti, e arsi di desiderio della tua pace» (Confessioni X, 27). «Qualcuno mi dirà: dunque siamo condotti, non agiamo. Rispondo: agiamo e siamo condotti; anzi agisci bene se sei condotto dal bene. Lo Spirito di Dio che ti conduce, infatti, aiuta te che agisci. La stessa parola di “aiutati” ti mostra che anche tu fai qualche cosa» (Agostino‑Sermones). Arriviamo dunque alla conclusione che è Lui che porta, che è Lui che conduce, è Lui che attrae, ma, attraendo, lascia intatta la sensazione e la responsabilità del personale atto di amore.
(La chiamata, G. Giaquinta)
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