Maria Giulia Ledóchowska nacque da nobile famiglia polacca a Loosdorf, in Austria, il 17 aprile1865. Dopo un periodo di studi a Sankt Pölten, si trasferì con la famiglia a Lipnica Murowana presso Cracovia, allora parte dell’Impero austro ungarico. Nel 1886 entrò nel convento delle Orsoline e vi fece la professione solenne il 28 aprile 1889 col nome di Orsola, dedicandosi poi all’insegnamento e fondando un pensionato per ragazze. Tra le studentesse diede vita all’Associazione delle Figlie di Maria. Dal 1904 al 1907 fu superiora del suo convento, venendo poi chiamata a Pietroburgo dal parroco della chiesa di S. Caterina presso un internato di studentesse polacche in esilio. Per ragioni di sicurezza dovette indossare abiti civili, ma riuscì a fondare una casa di Orsoline in quella città e una seconda in Finlandia, oltre ad un pensionato e ad una scuola.
Allo scoppio della prima guerra mondiale, nel 1914, essendo suddita nemica, fu costretta a riparare a Stoccolma, dove fondò il giornale cattolico “Solglimstar”, che ancora oggi a Uppsala si pubblica con diversa testata, il Katolsk Kyrkotidning.
Nel 1917 si trasferì in Danimarca. Durante il periodo della peregrinazione scandinava la sua attività si concentra, oltre al lavoro educativo, sull’impegno nella vita della Chiesa locale, sul lavoro in favore delle vittime della guerra e sull’impegno ecumenico. La casa delle sue suore diventa un appoggio per la gente di diversi orientamenti politici e religiosi. Il suo amore ardente per la patria va di pari passo con l’apertura alla diversità, agli altri. Richiesta una volta di che orientamento politico fosse, rispose senza indugio: la mia politica è l’amore.
Tornata nel 1919 a Cracovia, fu spinta dall’esperienza fatta nei vari campi assistenziali a fondare una congregazione che si occupasse delle ragazze povere, degli anziani e dei bambini, le Orsoline del S. Cuore di Gesù Agonizzante, che furono approvate dalla Santa Sede nel 1930. La spiritualità della congregazione si concentra intorno alla contemplazione dell’amore salvifico di Cristo e alla partecipazione alla sua missione per mezzo del lavoro educativo e il servizio al prossimo, in modo particolare sofferente, solo, emarginato, alla ricerca del senso della vita.
Morì improvvisamente a Roma, il 29 maggio 1939, a 64 anni. “Mi raccolgo in preghiera nella mia camera”, aveva detto alle consorelle, con il fisico debilitato dai frequenti viaggi. Le suore, non vedendola scendere per i Vespri, bussarono alla sua porta e la trovarono morta, con la corona del Rosario in mano.
Nel 1917 si trasferì in Danimarca. Durante il periodo della peregrinazione scandinava la sua attività si concentra, oltre al lavoro educativo, sull’impegno nella vita della Chiesa locale, sul lavoro in favore delle vittime della guerra e sull’impegno ecumenico. La casa delle sue suore diventa un appoggio per la gente di diversi orientamenti politici e religiosi. Il suo amore ardente per la patria va di pari passo con l’apertura alla diversità, agli altri. Richiesta una volta di che orientamento politico fosse, rispose senza indugio: la mia politica è l’amore.
Tornata nel 1919 a Cracovia, fu spinta dall’esperienza fatta nei vari campi assistenziali a fondare una congregazione che si occupasse delle ragazze povere, degli anziani e dei bambini, le Orsoline del S. Cuore di Gesù Agonizzante, che furono approvate dalla Santa Sede nel 1930. La spiritualità della congregazione si concentra intorno alla contemplazione dell’amore salvifico di Cristo e alla partecipazione alla sua missione per mezzo del lavoro educativo e il servizio al prossimo, in modo particolare sofferente, solo, emarginato, alla ricerca del senso della vita.
Morì improvvisamente a Roma, il 29 maggio 1939, a 64 anni. “Mi raccolgo in preghiera nella mia camera”, aveva detto alle consorelle, con il fisico debilitato dai frequenti viaggi. Le suore, non vedendola scendere per i Vespri, bussarono alla sua porta e la trovarono morta, con la corona del Rosario in mano.
La memoria liturgica ricorre il 29 maggio.
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Scriveva: “Devo amare il prossimo come Gesù ha amato me. Prendete e mangiate… Mangiate le mie forze, sono a vostra disposizione… Prendete e mangiate le mie capacità, il mio talento …, il mio cuore, affinché con il suo amore esso riscaldi e illumini la vostra vita. Prendete e mangiate il mio tempo, sia a vostra disposizione… Sono vostra come Gesù-Ostia è mio”. Non risuona in queste parole l’eco di un dono con il quale Cristo, nel Cenacolo, offrì sé stesso ai Discepoli di ogni tempo?
Fondando la Congregazione delle Suore Orsoline del Sacro Cuore di Gesù Agonizzante, trasmise ad essa questo spirito. “Il Santissimo Sacramento – scrisse – è il sole della nostra vita, il nostro tesoro, la nostra felicità, il nostro tutto sulla terra… Amate Gesù nel tabernacolo! Là rimanga sempre il vostro cuore anche se materialmente siete al lavoro. Là è Gesù, che dobbiamo amare ardentemente, con tutto il cuore. E se non sappiamo amarlo, desideriamo almeno di amarlo – di amarlo sempre più”.
Alla luce di quest’amore eucaristico Sant’Orsola sapeva scorgere in ogni circostanza un segno del tempo, per servire Dio e i fratelli. Sapeva che per chi crede ogni evento, persino il più piccolo, diventa un’occasione per realizzare i piani di Dio. Quello che era ordinario, lo faceva diventare straordinario; ciò che era quotidiano lo mutava perché diventasse perenne; ciò che era banale lei lo rendeva santo.
Se oggi Sant’Orsola diventa esempio di santità per tutti i credenti, è perché il suo carisma possa essere accolto da chi nel nome dell’amore di Cristo e della Chiesa voglia in modo efficace testimoniare il Vangelo nel mondo di oggi. Tutti possiamo imparare da lei come edificare con Cristo un mondo più umano – un mondo in cui verranno realizzati sempre più pienamente valori come la giustizia, la libertà, la solidarietà, la pace. Da lei possiamo imparare come mettere in pratica ogni giorno il comandamento ‘nuovo’ dell’amore
Fondando la Congregazione delle Suore Orsoline del Sacro Cuore di Gesù Agonizzante, trasmise ad essa questo spirito. “Il Santissimo Sacramento – scrisse – è il sole della nostra vita, il nostro tesoro, la nostra felicità, il nostro tutto sulla terra… Amate Gesù nel tabernacolo! Là rimanga sempre il vostro cuore anche se materialmente siete al lavoro. Là è Gesù, che dobbiamo amare ardentemente, con tutto il cuore. E se non sappiamo amarlo, desideriamo almeno di amarlo – di amarlo sempre più”.
Alla luce di quest’amore eucaristico Sant’Orsola sapeva scorgere in ogni circostanza un segno del tempo, per servire Dio e i fratelli. Sapeva che per chi crede ogni evento, persino il più piccolo, diventa un’occasione per realizzare i piani di Dio. Quello che era ordinario, lo faceva diventare straordinario; ciò che era quotidiano lo mutava perché diventasse perenne; ciò che era banale lei lo rendeva santo.
Se oggi Sant’Orsola diventa esempio di santità per tutti i credenti, è perché il suo carisma possa essere accolto da chi nel nome dell’amore di Cristo e della Chiesa voglia in modo efficace testimoniare il Vangelo nel mondo di oggi. Tutti possiamo imparare da lei come edificare con Cristo un mondo più umano – un mondo in cui verranno realizzati sempre più pienamente valori come la giustizia, la libertà, la solidarietà, la pace. Da lei possiamo imparare come mettere in pratica ogni giorno il comandamento ‘nuovo’ dell’amore
San Giovanni Paolo II alla Canonizzazione, 18 maggio 2003
Alberto Hermanin
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