Virginia Centurione a soli 15 anni fu obbligata dal padre, doge di Genova, a sposare il nobile Gaspare Bracelli. Il giovane ossessionato dal gioco e dalla caccia, rincasava sempre tardi. Virginia lo attendeva amorosamente, senza mai lamentarsi. In breve, Gaspare, consumato dalla vita sfrenata, si ammalò di tisi e si ritirò presso i cugini marchesi sulle colline del Monferrato.
Virginia, nonostante il rifiuto paterno, lo raggiunse, per essergli fedelmente accanto nell’ora del dolore. Il giovane si era chiuso in se stesso e rifiutava tutto e tutti. Solo la giovane sposa era riuscita con le sue delicatezze e premure a farsi accettare.
Virginia piangeva nel silenzio e pregava perché Gaspare, ormai prossimo alla morte, si convertisse. La sua bontà e la sua fede ottennero il miracolo. Una sera, il marito, spontaneamente chiese di confessarsi. Poco dopo chiuse gli occhi serenamente, per aprirli nella Casa del Padre. Virginia aveva toccato con mano l’infinita misericordia del Padre Celeste che «non vuole che si perda neanche uno di questi piccoli» (Mt 18, 14).
La Beata Virginia Centurione Bracelli, dopo essere rimasta vedova a soli vent’anni e aver sistemato le due figlie, si dedicò tutta al Signore. Era stato il suo sogno fin da fanciulla. Ora era libera di seguire la sua vera vocazione e pregava con insistenza: «Signore, che cosa vuoi che io faccia? Manda la tua verità e la tua luce».
Una notte, mentre era in preghiera davanti al Crocifisso, sentì Gesù che le disse: «Virginia, è mia volontà che tu mi serva nei poveri». Il Signore stesso le avrebbe indicato il cammino. E Virginia accolse l’invito divino.
Nonostante tutti i rimproveri, le umiliazioni, le offese che riceveva dal suo nobile casato, la beata Virginia continuava a percorrere le vie più povere di Genova, aiutando vedove, orfani, disoccupati, carcerati. Si recava di nascosto persino nel porto per fare del bene anche ai galeotti. A questi fratelli che, condannati al pesante lavoro delle navi come schiavi, imprecavano e bestemmiavano, la giovane donna parlava dell’Amore del Padre Celeste che tutto vede e sa e non fa distinzione tra ricchi e poveri, ma guarda il cuore dei suoi figli. Quegli uomini rudi e spesso violenti, l’ascoltavano docili come, bimbi, perché sentivano scaturire da quelle parole una pace tutta nuova. Riprendevano il pesante lavoro dei remi con altro cuore. Virginia tornava a casa stanca, ma felice. Sentiva nell’anima la gioia di Gesù che dice: «Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio» (Mt 5, 9).
Le ore del giorno passavano tanto veloci nel soccorrere i suoi poveri per le vie di Genova. La giovane donna rincasava a sera tarda e dopo una poverissima cena, si ritirava in disparte come Gesù e si immergeva nella preghiera.
Erano per lei le ore più belle di intimità con il Signore. Ed erano la sua forza. Una notte d’inverno, mentre pregava, sentì un lungo lamento sotto la finestra. Scese in fretta e vi trovò una fanciulla tremante di freddo e di fame. L’abbracciò e la portò in casa dicendole: «Da oggi, tu starai con me e sarai mia figlia».
Era la prima di un grande numero che lei avrebbe accolto. In quella notte di preghiera iniziava per Virginia qualcosa di nuovo. «Chi rimane in me e io in lui – dice Gesù – porta molto frutto» (Gv 15, 5).
La beata Virginia è stata definita «l’apostolo di Genova». Ella, infatti, non solo soccorreva poveri, ammalati, orfani per amore di Gesù, ma in ognuno Ella vedeva una creatura a cui donare la Parola di Dio e additare le vie del Cielo. Amava intensamente la Santa Vergine, alla quale aveva affidato e consacrato la sua vita e la sua opera e la pregava ogni giorno con il Rosario.
Un giorno, vigilia di una festa della Madonna, radunò molti ragazzi della città e li inviò a gruppi nelle varie vie a cantare e a suonare le lodi più belle della Vergine. Da quel giorno «i ragazzi della Madonna» ogni sabato e ogni vigilia delle Sue feste riempirono la città e il porto dei loro canti per invitare all’amore della Madre di Dio e Mamma nostra.
Un giorno tornò dal suo elemosinare più felice del solito: il doge aveva accolto l’invito di consacrare Genova alla Vergine Santissima. Mobilitò tutti per preparare il cuore della gente a questo grande avvenimento. Il 25 marzo 1637, festa dell’Annunciazione, il doge proclamò Maria Regina di Genova e le affidò le chiavi della città, la corona e lo scettro. Virginia, nascosta tra l’immensa folla, piangeva di gioia: sentiva la Madonna veramente presente.
Santa Virginia fu definita «martire di carità». Si era consumata giorno per giorno per i poveri, i malati, i bisognosi. Nessuno come lei percorse e ripercorse la città dalla collina al porto, dalle vie dei palazzi signorili dove bussava ad elemosinare, fino ai vicoli dai tuguri e dalle soffitte con mille miserie da soccorrere. Dove qualcuno soffriva, Virginia era là per aiutarlo e per parlargli dì Dio e del Cielo. Ma dove trovava tanta forza? In Maria e in Gesù Eucaristia. Dedicava lunghe ore del giorno e della notte all’adorazione e, passando vicino a qualche chiesa, vi si fermava a donare amore al Dio nascosto nel Tabernacolo. Voleva che Gesù Eucaristia fosse amato da tutti. Per questo iniziò e diffuse le «Quarant’ore», cioè tre giorni di adorazione eucaristica con Gesù esposto in tutte le chiese della città. Virginia sapeva che il pane non era sufficiente ai suoi poveri, a nessuno… E li conduceva al «Pane vivo disceso dal Cielo», a Colui che solo può dire “Chi mangia di questo Pane vivrà in eterno” (Gv 6, 58)
Col tempo l’Opera fondata da Virginia si svilupperà in due Congregazioni religiose: le Suore di Nostra Signora del Rifugio di Monte Calvario e le Figlie di Nostra Signora al Monte Calvario.
Dal 1641 in poi ha vissuto in nascondimento, servizio umile, docilità assoluta. Ha sofferto la solitudine, lasciata dalle ausiliarie dell’opera, ma con fermezza ha perseverato sotto la Croce.
Gratificata dal Signore con estasi, visioni, locuzioni interiori e altri doni mistici speciali, moriva il 15 dicembre 1651, all’età di 64 anni.
Virginia Centurione Bracelli seguendo l’esortazione dell’apostolo Giovanni, volle amare non soltanto “a parole”, o “con la lingua”, ma “coi fatti e nella verità” (cfr 1 v 3,18). Mettendo da parte le sue nobili origini, si dedicò all’assistenza degli ultimi con straordinario zelo apostolico. L’efficacia del suo apostolato scaturiva da una adesione incondizionata alla volontà divina, che si alimentava di incessante contemplazione e di ascolto obbediente della parola del Signore.
Innamorata di Cristo, e per Lui pronta a donare se stessa ai fratelli, santa Virginia Centurione Bracelli lascia alla Chiesa la testimonianza di una santità semplice e feconda. Il suo esempio di coraggiosa fedeltà evangelica continua ad esercitare un forte fascino anche sulle persone del nostro tempo. Soleva dire: quando si ha come fine Dio soltanto, “tutte le opposizioni si spianano, tutte le difficoltà si vincono” (Positio, 86).”
San Giovanni Paolo II, Omelia della Canonizzazione, 18 maggio 2003
Congregazione delle Figlie di Nostra Signora al Monte Calvario