Il 27 ottobre del 1986 le armi tacquero in tutto il mondo. I potenti della terra accolsero l’appello di Giovanni Paolo II: si svolgeva la prima Giornata di preghiera per la pace ad Assisi. L’intuizione del Papa era tanto semplice quanto rivoluzionaria. Si convocavano nella città di San Francesco i rappresentanti di tutte le religioni mondiali per testimoniare ai credenti che, posti l’uno accanto all’altro, la potenza della preghiera da sola può molto per la pace.
Dal quel memorabile giorno fino ad oggi, un movimento per la pace è cresciuto e si è rafforzato sotto quello che lo stesso Giovanni Paolo II definì “Spirito di Assisi”. Altre sono state le Giornate per la Pace celebrate ad Assisi, alcune di nuovo con la presenza di un Papa. Un ricordo speciale va alla Giornata del 2011 con il Papa emerito Benedetto XVI, il quale per il 25mo Anniversario disse di volersi recare come pellegrino ad Assisi per «rinnovare solennemente l’impegno dei credenti di ogni religione a vivere la propria fede religiosa come servizio per la causa della pace» (dalla preghiera dell’Angelus, 1 gennaio 2011).
Lo scorso 21 settembre, il Santo Padre Francesco ha convocato un nuovo incontro ad Assisi sul tema “Sete di pace. Religioni e culture in dialogo”, questa volta nell’occasione del 30mo anniversario dalla prima Giornata. Il contesto socio-politico è molto complicato e l’orizzonte non è ancora affatto sgombro da nubi di guerra e di distruzione. Le persone, disperate e senza alcuna prospettiva di vita sicura nelle loro terre, sono costrette a fuggire verso quella che considerano una terra vicina e amica: l’Europa, che per sua vocazione ha sempre accolto e assimilato a sé chiunque avesse bussato alle sue porte. La peculiarità di questo ultimo incontro di Assisi è stata, dunque, quella di aver ascoltato le voci di queste persone, uomini e donne, che sono in fuga da territori in guerra. La realtà delle migrazioni a causa di guerre, violenze, conflitti, è stata presentata al Papa attraverso incontri e commoventi testimonianze. E il Santo Padre ha ricordato a tutti quanto le parole di Gesù sulla croce “ho sete” «ci interpellano, domandano accoglienza nel cuore e risposta con la vita … nel suo ‘ho sete’ possiamo sentire la voce dei sofferenti … l’accorata supplica dei poveri e dei più bisognosi di pace» (Meditazione, Assisi 21 settembre 2016).
Ma cosa spinge la Chiesa Cattolica, nella figura del Papa e di tutti i credenti, a cercare continuamente l’incontro con le altre confessioni cristiane e con tutte le altre religioni, per dialogare sul tema della pace e per guardare con sguardo d’amore ogni singola persona che vive il dramma delle migrazioni? Gesù Cristo è “la nostra pace” (Ef 2, 14) e noi crediamo che proprio Gesù sia quel segno potente che il mondo ebraico aspettava da tempo: quel Principe della Pace, l’Unto che avrebbe portato un’epoca di pace così ardentemente desiderata (cfr. Is 11, 6). E se Cristo porta la pace al mondo, è compito di noi cristiani diffonderla. Eppure, non solo i cristiani hanno questo compito. La pace è un valore che tutti gli esseri umani riconoscono. Non si può pensare di non esserne responsabili. Essa, però, può durare nel tempo solo se cristiani e non cristiani riconoscono di essere ugualmente responsabili di una convivenza riconciliata e giusta[1].
Qui entra in gioco la libertà di accoglierla o di rifiutarla ma, poiché la pace è una aspirazione e un desiderio di tutti, cristiani e non, in quanto installata nel cuore umano dallo stesso Dio Creatore da tutti riconosciuto, l’anelito ad essa è forte e l’impegno per essa è urgente. Per tutti. Per i cristiani, per la Chiesa in particolare, l’impegno per la pace è dimostrato, prima che in qualsivoglia atto pratico, nella preghiera. È la preghiera, infatti, che per noi credenti ha la forza mite e umile di cambiare il mondo, di volgere una situazione di conflitto – interiore o esteriore – in un concreto percorso di armonia, dialogo, collaborazione, educazione alla pace. E la convocazione della Giornata di Assisi è sempre all’insegna della preghiera, per trovarsi insieme a pregare. Eppure, la Chiesa vuole testimoniare a tutti, credenti e uomini di buona volontà, che una civiltà dell’amore non solo è auspicabile, ma possibile concretamente; non solo con la Giornata di preghiera per la pace ad Assisi, ma anche con un altro evento annuale: la celebrazione della Giornata Mondiale della Pace, che ricorre il 1 gennaio di ogni anno.[2] Ovviamente, poi, a livello di impegno concreto, la Chiesa, attraverso la Santa Sede, opera per i diritti umani e a favore del disarmo, facendo sentire la propria autorevole voce nelle sedi preposte (le Nazioni Unite, ad esempio, dove la Santa Sede è osservatore). Gli incontri di Assisi, dunque, sono parte di un’ampia e sfaccettata realtà in cui l’impegno per la pace e per un mondo giusto sono dovere quotidiano della Chiesa. I cristiani che seguono il Vangelo e tutto quello che Cristo ci dice, sono il più grande movimento per la pace! Anche quando sono ‘martiri’, lo sono perché confermano la verità della loro fede davanti a chi li obbliga a rinnegarla, e quando muoiono per essa non distruggono mai la vita di qualcun altro. In questo periodo in cui si sente, purtroppo, parlare tanto di ‘martiri’ che muoiono in attentati terroristici, riaffermare ciò è molto importante. Papa Francesco stesso ha detto durante il suo discorso ad Assisi: «Solo la pace è santa. Solo la pace è santa, non la guerra!» (dal Discorso, Assisi 21 settembre 2016).
Lo “Spirito di Assisi” che «plana al di sopra delle acque agitate delle religioni e crea già delle meraviglie di dialogo fraterno»[3] continui ad essere, allora, un momento di partecipazione di tutti i credenti – specialmente gli ebrei e i musulmani, che come i cristiani si rifanno alla discendenza da Abramo – alla gioia propria di noi cristiani che fiduciosi cantiamo: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama»!
[1] Cf. Vivere nella libertà e nella non violenza. La pace, in Docat. Che cosa fare? La dottrina sociale della Chiesa, Ed. San Paolo 2016.
[2] In occasione di ogni Giornata mondiale della Pace, il Santo Padre scrive un Messaggio inviato alle cancellerie di tutto il mondo che segna anche la linea diplomatica della Santa Sede per l’anno che si apre. Il Messaggio per questa 50ma Giornata mondiale della Pace del 2017 è ‘La non violenza: stile di una politica per la pace’
[3] Cardinale R. Etchegaray, Lo Spirito di Assisi, in http://www.vatican.va/jubilee_2000/magazine/documents/ju_mag_june-sept-1996_etchegaray-assisi_it.html
Pamela Fabiano - Membro del Movimento apostolico di Schoenstatt di cui è dirigente della Gioventù Femminile e lavora presso il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace