Il sorriso di Dio
“Donna meravigliosa amante della vita, sposa, madre, medico professionista esemplare offrì la sua vita per non violare il mistero della dignità della vita”.
Carlo Maria Martini
Cosa possiamo fare per migliorare il mondo? Mai come oggi questa domanda richiede attenzione e cura e qualsiasi tipo di risposta rischia di essere ingenua e inadeguata rispetto a problematiche di indubbia gravità.
Ma se è vero che l’equilibrio del mondo e la prevalenza del bene sul male poggiano sopra i meriti e le virtù dei santi, ne consegue che perseguire la propria evoluzione umana e spirituale è il contributo più alto che possiamo dare all’umanità. E allora conoscere la vita dei santi, soprattutto quelli dei nostri tempi, e imparare da loro diventa un impegno utile e necessario. Cos’è la vita dei santi per noi se non un faro che illumina le notti buie della nostra vita, una guida verso la mèta? È con questo spirito che mi sono accostata a Gianna Beretta Molla.
Dichiarata santa da Giovanni Paolo II il 16 Maggio 2004, Gianna ci ha regalato un prezioso esempio di vita cristiana. La sua “passione per la maternità” è segno di contraddizione per tutte le donne che, oggi, cercano vie di realizzazione in direzioni completamente diverse.
Gianna è ricordata per l’episodio con cui si è conclusa la sua meravigliosa esistenza: “Tra me e mio figlio, salvate lui!”. Ma il suo sacrificio non è stato un atto improvviso e imprevedibile di mamma. “Questi eroismi non saltano fuori per caso in un eccesso di generosità, ma sono il frutto, la conseguenza logica di tutta una vita di fede vissuta”. (mons. Mostarbilini)
Allora proviamo a seguirla, sia pure a rapide tappe, lungo il suo cammino di vita.
Dai primi passi… una donna amante della vita
Gianna nasce nel 1922 a Magenta (Milano) nel periodo in cui si era da poco conclusa la prima guerra mondiale. Fin dalla prima giovinezza accoglie con piena adesione il dono della fede e l’educazione limpidamente cristiana che ha ricevuto dai suoi genitori che, con vigile sapienza, la accompagnano nella crescita umana e cristiana. Considerare la vita come un dono meraviglioso di Dio, la fiducia illimitata nella divina provvidenza, la certezza della necessità e dell’efficacia della preghiera: sono questi i pilastri della sua crescita!
“La condizione più essenziale di ogni attività feconda è l’immobilità pregante. L’apostolato si fa prima di tutto in ginocchio”.
“Non ci dovrebbe essere mai nessuna giornata nella vita di un apostolo che non comprenda un tempo determinato per un po’ di raccoglimento ai piedi di Dio”.
È stata educata all’essenzialità, alla sensibilità verso i poveri e le missioni, secondo lo stile francescano. Riceve la prima comunione a soli cinque anni e da quel giorno partecipa tutti i giorni alla Messa con la mamma e la Comunione diventa “il suo cibo indispensabile di ogni giorno”.
Cresce serena, prodigandosi per i fratelli e le sorelle, senza mai stare in ozio. Ama tutte le cose belle: la musica, la pittura, le gite in montagna. In quegli anni non le mancano prove e difficoltà, che però non producono traumi o squilibri in Gianna, data la ricchezza e la profondità della sua vita spirituale, ma anzi, ne affinano la sensibilità e ne potenziano la virtù.
Nel ‘37 muore la sorella Amalia e la famiglia si trasferisce a Genova Quinto al Mare. Durante un corso di esercizi spirituali, a soli quindici anni, fa l’esperienza fondamentale e decisiva della sua vita. Dal quaderno leggiamo: “Voglio temere il peccato mortale come se fosse un serpente; e ripeto di nuovo: mille volte morire che offendere il Signore”. E tra le sue preghiere: “O Gesù, ti prometto di sottomettermi a tutto ciò che permetterai mi accada, fammi solo conoscere la tua volontà”.
Nel ‘41 torna a Bergamo dai nonni materni e qui perde entrambi i genitori. Si iscrive in Medicina e si laurea nel ‘49.
Mentre si dedica agli studi di medicina, traduce la sua grande fede in un impegno generoso di apostolato tra le giovani dell’Azione Cattolica e di carità verso anziani e bisognosi nelle Dame di S. Vincenzo, sapendo che “a Dio piace chi dona con gioia”.
L’impressione che lascia è riassunta da una sua compagna di liceo: “Gianna donava il suo sorriso aperto, pieno di dolcezza e di calma, riflesso della gioia serena e profonda dell’anima in pace”.
Dopo la laurea apre un ambulatorio medico, si specializza in pediatria, predilige i poveri, le mamme, i bambini e gli anziani.
Vocazione all’Amore
Gianna si interroga e prega per comprendere la sua vocazione.
“Tutte le cose hanno un fine particolare. … Anche a ciascuno di noi Dio ha segnato la via, la vocazione… dal seguire bene la nostra vocazione dipende la nostra felicità terrena ed eterna”.
L’incontro e l’amore di Pietro Molla la orienta verso il matrimonio che vede come vocazione da abbracciare sotto il segno della benedizione divina.
L’ing. Molla scrive nel suo diario: “Più conosco Gianna e più mi persuado che migliore incontro Iddio non poteva donarmi”. Le lettere di lei al fidanzato rivelano una femminilità affettuosissima, straricca, filtrata sempre attraverso una sovrumana incantevole elevatezza di sentimenti.
“Ti amo tanto tanto Pietro, e mi sei sempre presente, cominciando dal mattino quando durante la S. Messa, all’ offertorio, offro con il mio il tuo lavoro, le tue gioie, le tue sofferenze e poi durante tutta la giornata fino alla sera. Vorrei vederti sempre tutti i giorni…”
Gianna e Pietro si uniscono in matrimonio il 24 Settembre 1955. Moglie felice, il Signore presto esaudisce il suo grande desiderio di diventare mamma, più che felice, di tanti bambini. Nel ‘56 nasce Pierluigi, nel ’57 Maria Zita (Mariolina) e nel ‘59 Laura.
“Guardate alle mamme che veramente amano i loro figlioli: quanti sacrifici fanno, a tutto sono pronte, anche a dare il proprio sangue purché i loro bimbi crescano buoni, sani, robusti! E Gesù non è forse morto in croce per noi, per amore nostro! È col sangue del sacrificio che si afferma e conferma l’amore”.
Gianna sa armonizzare, con semplicità ed equilibrio, i suoi doveri di madre, di moglie e di medico. In questa armonia continua a vivere la sua grande fede, conformando ad essa il suo operare e ogni sua decisione, con coerenza e gioia.
Il dono della vita
Nel settembre del ‘61, verso il termine del secondo mese di una nuova gravidanza, Gianna è raggiunta dal mistero del dolore: un fibroma, tumore benigno, all’utero. Prima dell’intervento operatorio di asportazione del fibroma, Gianna supplica il chirurgo di salvare la vita che portava in grembo e si affida alla preghiera e alla Provvidenza. La vita fu salva.
Alcuni giorni prima del parto è pronta a donare la sua vita per salvare quella della sua creatura.
“Mi disse esplicitamente”, ricorda il marito Pietro, “con tono fermo e al tempo stesso sereno, con uno sguardo profondo che non dimenticherò mai: “Se dovete decidere fra me e il bimbo, nessuna esitazione: scegliete – e lo esigo – il bimbo. Salvate lui!”.
La scelta di Gianna è dettata dalla sua coscienza di madre e di medico e può essere compresa solo alla luce della sua grande fede, della sua ferma convinzione del diritto sacro alla vita, dell’eroismo dell’amore materno e della piena fiducia nella Provvidenza.
Il 21 Aprile del ‘62 nasce Gianna Emanuela. Le condizioni di Gianna peggiorano. La sorella Madre Virginia ricorda: “Attingeva la forza del suo saper soffrire dalla preghiera intima manifestata in brevi espressioni d’amore e di offerta: Gesù ti amo, Gesù ti adoro, Gesù aiutami, Mamma aiutami, Maria …”
Nonostante tutte le cure Gianna peggiora di giorno in giorno e all’alba del 28 Aprile, sabato in albis, è riportata a casa e muore a soli 39 anni. Una martire della maternità entrava nel Paradiso dei santi!
Quante lezioni di vita possiamo imparare da Gianna!
Le virtù cristiane fedelmente praticate fino alle sfumature delle beatitudini, il suo spirito di preghiera, la sua abituale unione con Dio, l’abbandono gioioso alla volontà divina e alla Provvidenza come segreto di gioia e felicità e, infine, il suo impareggiabile apostolato del sorriso.
La dottoressa Gianna sorrideva e raccomandava di sorridere a tutti e a tutto: a Dio e agli uomini, ai buoni e ai cattivi, al bello e al cattivo tempo, alle gioie e alle avversità, alla vita e anche alla morte.
Nel ‘55 scriveva al fidanzato:
“A me hanno sempre insegnato che il segreto della felicità è di vivere momento per momento e di ringraziare il Signore di tutto ciò che Egli, nella sua bontà, ci manda giorno per giorno.
Perciò, in alto i cuori e viviamo felici!”
Sonia Chiavaroli