Scienza neutrale

FEDE E CULTURA

L’universo è qualcosa di più che un problema scientifico da risolvere, è un mistero gaudioso che contempliamo nella letizia e nella lode (cfr Enc. Laudato si’, 12). «Tutto l’universo materiale è un linguaggio dell’amore di Dio, del suo affetto smisurato per noi» (ibid., 84). Sant’Ignazio di Loyola capiva molto bene questo linguaggio. Egli stesso raccontò che la sua consolazione più grande era guardare il cielo e le stelle perché questo gli faceva sentire un grandissimo desiderio di servire il Signore … In tutti questi anni gli astronomi della Specola hanno percorso cammini di ricerca, cammini creativi, seguendo le orme degli astronomi e matematici gesuiti del Collegio Romano, dal P. Cristoph Clavius al P. Angelo Secchi, passando dal P. Matteo Ricci e tanti altri… Mi piace anche ricordare il discorso che Benedetto XVI rivolse ai Padri dell’ultima Congregazione Generale della Compagnia di Gesù in cui segnalava che la Chiesa ha urgente bisogno di religiosi che dedichino la loro vita a stare proprio sulle frontiere tra la fede e il sapere umano, la fede e la scienza moderna”.

Così si è espresso Papa Francesco parlando ai partecipanti ad un simposio presso la Specola Vaticana. Il testo è di interesse sull’annoso problema del rapporto fra scienza e fede. Prosegue il Papa: “Nel contesto del dialogo interreligioso, oggi più urgente che mai, la ricerca scientifica sull’universo può offrire una prospettiva unica, condivisa da credenti e non credenti, che aiuti a raggiungere una migliore comprensione religiosa della creazione. In questo senso le scuole di astrofisica, che la Specola ha organizzato negli ultimi trent’anni, sono una preziosa opportunità in cui giovani astronomi di tutto il mondo dialogano e collaborano nella ricerca della verità”. (Udienza ai partecipanti al Simposio promosso dalla Specola Vaticana, 18 settembre 2015)

 

In precedenza, ricevendo i partecipanti ad una scuola di specializzazione della stessa Specola, il Santo Padre aveva detto. “la Chiesa è impegnata nel dialogo con le scienze a partire dalla luce offerta dalla fede, poiché è convinta che la fede può allargare le prospettive della ragione, arricchendola (cfr Evangelii gaudium, 238). In questo dialogo con le scienze, la Chiesa si rallegra del mirabile progresso scientifico riconoscendo l’enorme potenziale che Dio ha dato alla mente umana (cfr ibid., 243), come una madre si rallegra ed è giustamente orgogliosa quando i suoi figli crescono «in sapienza, età e grazia» (Lc 2, 52)” (Discorso ai partecipanti di una scuola di specializzazione alla Specola Vaticana, 26 giugno 2014).

 

La Specola Vaticana, sorta di costola del Collegio Romano, è un Osservatorio astronomico fra i più antichi d’Europa ancora in funzione. È stata ospitata prima al Collegio Romano, poi a Castel Gandolfo fino a quando le condizioni di luminosità degli abitati moderni non costrinsero a prendere altre strade. Oggi i telescopi della Specola sono a Tucson, in Arizona, grazie ad intese con la Università di quello Stato americano. Prosegue tuttavia l’utilizzo delle sedi romane per convegni scientifici e simposi. Oggi la Specola Vaticana pur essendo un osservatorio di medie dimensioni è un istituto di ricerca universalmente apprezzato. Nel 1993 ha portato a termine, in collaborazione con lo Steward Observatory, la costruzione del telescopio vaticano a tecnologia avanzata (VATT, Vatican Advanced Technology Telescope), collocandolo sul monte Graham in Arizona, il migliore sito astronomico del continente nordamericano.

 

In una intervista all’Osservatore Romano del 12 novembre 2009, il gesuita Padre Guy J. Consolmagno, che è da pochi giorni Direttore dell’Osservatorio vaticano, alla domanda sulle motivazioni del credito scientifico che riscuote la Specola aveva detto: “Io credo che ciò dipenda soprattutto da motivi pratici. Essendo un’istituzione vaticana noi non dobbiamo competere con altri osservatori concorrenti per ottenere fondi da istituzioni governative. Questo significa due cose: prima di tutto che possiamo lavorare su ciò che troviamo più interessante e non su progetti che ci vengono imposti da eventuali finanziatori. Inoltre possiamo dedicarci a ricerche che possono andare avanti per cinque, dieci o persino quindici anni prima di ottenere risultati. Di solito un ricercatore deve pubblicare velocemente i risultati del suo lavoro, se non vuole rischiare di perdere il posto. Chi lavora alla Nasa deve dare conto continuamente dei risultati e dei progressi ottenuti con le proprie ricerche per non perdere i finanziamenti. Noi invece possiamo dedicarci a una ricerca scientifica di lungo periodo che ha bisogno  anche di diversi anni di lavoro prima di giungere a un risultato. È quel tipo di ricerca fondamentale di cui tutti hanno bisogno ma che nessuno finanzia”.

Il rapporto fra scienza e fede è un argomento di enorme portata che noi non possiamo nemmeno presumere di sfiorare in questo ambito.

Senza aggiungere molte altre considerazioni, tuttavia, vorremmo attirare l’attenzione di chi legge sulle implicazioni di alcune affermazioni sopra riportate, in tema di scienza e poi più precisamente di ricerca scientifica: dalla quale, come ci sentiamo dire con ripetuta insistenza, molto si attende per un futuro umano più luminoso e sereno.

 

In particolare, l’affermazione papale che “la Chiesa si rallegra del mirabile progresso scientifico” e “come una madre si rallegra ed è giustamente orgogliosa quando i suoi figli crescono in sapienza, età e grazia”. Non si tratta di affermazioni formali dettate da una sorta di rincorsa della modernità che taluni addebitano all’attuale pontificato: la Specola vaticana, istituto di ricerca scientifica, è attivo da secoli. E la Chiesa prende sul serio i risultati della ricerca: lo dimostra, per esempio, l’ultima enciclica, la quale nel suo argomentare ricorre ampiamente a risultati di solida evidenza scientifica, e forse proprio per questo sta provocando notevoli reazioni non solo e non tanto nel mondo degli studiosi ma anche in quello politico.

 

Qui è il punto delicato sul quale si vorrebbe richiamare l’attenzione: il Padre Guy J. Consolmagno, infatti, con soave tranquillità, afferma in sostanza che la buona reputazione scientifica dell’istituto oggi da lui diretto dipende dalla sua indipendenza rispetto alle sponsorship private e dal suo sottrarsi alla logica dei risultati di pronta valenza economica. Molto si potrebbe aggiungere sul tema, ma confidiamo sulla intelligenza del lettore senza ulteriori ampliamenti.

 

Risulta allora logicamente evidente come la presunta neutralità della ricerca attiene certamente al metodo da essa usato, ma non può estendersi al suo “indirizzo”, il quale è determinato da fattori che esulano dal “metodo scientifico”, alcuni dei quali indicati dal Direttore della Specola con una franchezza tanto soave quanto brutale.

E molti altri di questi fattori si potrebbero aggiungere al breve e contenuto elenco citato dal padre Consolmagno, che si è, da scienziato quale realmente è, fermato al suo campo di indagine. Per esempio, fattori di natura ideologica, o di volontà di potenza; e ci fermiamo qui per non farla lunga, come pure si potrebbe.

 

Risalta allora il particolare valore dell’affermazione di Papa Francesco che “la Chiesa è convinta che la fede può allargare le prospettive della ragione, arricchendola”. Il fatto è che oggi fin troppo spesso si presentano come “prospettive della ragione” progetti di ricerca sollecitati e finanziati in una logica tutt’altro che “neutrale”.

Perché, osserva Dante, il diavolo è “loico”: “Forse tu non pensavi ch’io loico fossi”! (Divina Commedia, Inferno, canto XXVII).

Alberto Hermanin

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