Papa Francesco
Il 19 novembre scorso, nell’Udienza del mercoledì, il Papa si è soffermato sulla vocazione universale alla santità. Come di consueto, hanno fatto seguito i saluti ai pellegrini di lingue e nazioni diverse. Ai cristiani di lingua araba, nel salutarli, il Papa detto: “la santità per ogni cristiano significa vivere la vita ordinaria e quotidiana con amore, fede, onestà e pentimento e in comunione con Dio e con i fratelli; essa non sta nel fare cose straordinarie ma nel compiere le cose ordinarie con un amore straordinario, vivendo la propria vita sulla terra in maniera positiva e utile per sé e per gli altri. Il Signore vi protegga e vi guidi sulla via della santità per intercessione della nostra Madre, la Santissima Vergine Maria!”. Nel suo saluto ai pellegrini polacchi, invece, Francesco incoraggiato “tutti, particolarmente i giovani, a cercare le vie della santità, anche andando controcorrente alle odierne tendenze di vita facile, concentrata sul piacere egoistico”.
Riportiamo il suo discorso del 19 novembre con particolare commozione, in un certo senso rivivendo la gioia che fu del Servo di Dio Guglielmo Giaquinta e di quanti erano con lui quel giorno, quando la costituzione conciliare Lumen Gentium definì la vocazione universale alla santità.
Cari fratelli e sorelle, buongiorno,
Un grande dono del Concilio Vaticano II è stato quello di aver recuperato una visione di Chiesa fondata sulla comunione, e di aver ricompreso anche il principio dell’autorità e della gerarchia in tale prospettiva. Questo ci ha aiutato a capire meglio che tutti i cristiani, in quanto battezzati, hanno uguale dignità davanti al Signore e sono accomunati dalla stessa vocazione, che è quella alla santità (cfr Cost. Lumen gentium, 39-42). Ora ci domandiamo: in che cosa consiste questa vocazione universale ad essere santi? E come possiamo realizzarla?
1. Innanzitutto dobbiamo avere ben presente che la santità non è qualcosa che ci procuriamo noi, che otteniamo noi con le nostre qualità e le nostre capacità. La santità è un dono, è il dono che ci fa il Signore Gesù, quando ci prende con sé e ci riveste di se stesso, ci rende come Lui. Nella Lettera agli Efesini, l’apostolo Paolo afferma che «Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa» (Ef 5, 25-26). Ecco, davvero la santità è il volto più bello della Chiesa, il volto più bello: è riscoprirsi in comunione con Dio, nella pienezza della sua vita e del suo amore. Si capisce, allora, che la santità non è una prerogativa soltanto di alcuni: la santità è un dono che viene offerto a tutti, nessuno escluso, per cui costituisce il carattere distintivo di ogni cristiano.
2. Tutto questo ci fa comprendere che, per essere santi, non bisogna per forza essere vescovi, preti o religiosi: no, tutti siamo chiamati a diventare santi! Tante volte, poi, siamo tentati di pensare che la santità sia riservata soltanto a coloro che hanno la possibilità di staccarsi dalle faccende ordinarie, per dedicarsi esclusivamente alla preghiera. Ma non è così! Qualcuno pensa che la santità è chiudere gli occhi e fare la faccia da immaginetta. No! Non è questo la santità! La santità è qualcosa di più grande, di più profondo che ci dà Dio. Anzi, è proprio vivendo con amore e offrendo la propria testimonianza cristiana nelle occupazioni di ogni giorno che siamo chiamati a diventare santi. E ciascuno nelle condizioni e nello stato di vita in cui si trova. Ma tu sei consacrato, sei consacrata? Sii santo vivendo con gioia la tua donazione e il tuo ministero. Sei sposato? Sii santo amando e prendendoti cura di tuo marito o di tua moglie, come Cristo ha fatto con la Chiesa. Sei un battezzato non sposato? Sii santo compiendo con onestà e competenza il tuo lavoro e offrendo del tempo al servizio dei fratelli. “Ma padre, io lavoro in una fabbrica; io lavoro come ragioniere, sempre con i numeri, ma lì non si può essere santo…” – “Sì, si può! Lì dove tu lavori, tu puoi diventare santo. Dio ti dà la grazia di diventare santo. Dio si comunica a te”. Sempre in ogni posto si può diventare santo, cioè ci si può aprire a questa grazia che ci lavora dentro e ci porta alla santità. Sei genitore o nonno? Sii santo insegnando con passione ai figli o ai nipoti a conoscere e a seguire Gesù. E ci vuole tanta pazienza per questo, per essere un buon genitore, un buon nonno, una buona madre, una buona nonna, ci vuole tanta pazienza e in questa pazienza viene la santità: esercitando la pazienza. Sei catechista, educatore o volontario? Sii santo diventando segno visibile dell’amore di Dio e della sua presenza accanto a noi. Ecco: ogni stato di vita porta alla santità, sempre! A casa tua, sulla strada, al lavoro, in Chiesa, in quel momento e nel tuo stato di vita è stata aperta la strada verso la santità. Non scoraggiatevi di andare su questa strada. È proprio Dio che ci dà la grazia. Solo questo chiede il Signore: che noi siamo in comunione con Lui e al servizio dei fratelli.
3. A questo punto, ciascuno di noi può fare un po’ di esame di coscienza, adesso possiamo farlo, ognuno risponde a se stesso, dentro, in silenzio: come abbiamo risposto finora alla chiamata del Signore alla santità? Ho voglia di diventare un po’ migliore, di essere più cristiano, più cristiana? Questa è la strada della santità. Quando il Signore ci invita a diventare santi, non ci chiama a qualcosa di pesante, di triste… tutt’altro! È l’invito a condividere la sua gioia, a vivere e a offrire con gioia ogni momento della nostra vita, facendolo diventare allo stesso tempo un dono d’amore per le persone che ci stanno accanto. Se comprendiamo questo, tutto cambia e acquista un significato nuovo, un significato bello, un significato a cominciare dalle piccole cose di ogni giorno. Un esempio. Una signora va al mercato a fare la spesa e trova una vicina e incominciano a parlare e poi vengono le chiacchiere e questa signora dice: “No, no, no io non sparlerò di nessuno”. Questo è un passo verso la santità, ti aiuta a diventare più santo. Poi, a casa tua, il figlio ti chiede di parlare un po’ delle sue cose fantasiose: “Oh, sono tanto stanco, ho lavorato tanto oggi” – “Ma tu accomodati e ascolta tuo figlio, che ha bisogno!”. E tu ti accomodi, lo ascolti con pazienza: questo è un passo verso la santità. Poi finisce la giornata, siamo tutti stanchi, ma c’è la preghiera. Facciamo la preghiera: anche questo è un passo verso la santità. Poi arriva la domenica e andiamo a Messa, facciamo la comunione, a volte preceduta da una bella confessione che ci pulisca un po’. Questo è un passo verso la santità. Poi pensiamo alla Madonna, tanto buona, tanto bella, e prendiamo il rosario e la preghiamo. Questo è un passo verso la santità. Poi vado per strada, vedo un povero un bisognoso, mi fermo gli domando, gli do qualcosa: è un passo alla santità. Sono piccole cose, ma tanti piccoli passi verso la santità. Ogni passo verso la santità ci renderà delle persone migliori, libere dall’egoismo e dalla chiusura in se stesse, e aperte ai fratelli e alle loro necessità.
Cari amici, nella Prima Lettera di san Pietro ci viene rivolta questa esortazione: «Ciascuno viva secondo la grazia ricevuta, mettendola a servizio degli altri, come buoni amministratori di una multiforme grazia di Dio. Chi parla, lo faccia come con parole di Dio; chi esercita un ufficio, lo compia con l’energia ricevuta da Dio, perché in tutto venga glorificato Dio per mezzo di Gesù Cristo» (4, 10-11). Ecco l’invito alla santità! Accogliamolo con gioia, e sosteniamoci gli uni gli altri, perché il cammino verso la santità non si percorre da soli, ognuno per conto proprio, ma si percorre insieme, in quell’unico corpo che è la Chiesa, amata e resa santa dal Signore Gesù Cristo. Andiamo avanti con coraggio, in questa strada della santità.
Udienza generale, 19 novembre 2014 ©Editrice Vaticana
a cura di Alberto Hermanin