Dunque: “sforzarsi per dare ai figli una routine per il momento della nanna, facendoli dormire sempre più o meno alla stessa ora, pone le basi per uno sviluppo equilibrato e sereno che tiene alla larga i problemi del comportamento e i disturbi del sonno… ci si attesta attorno alle otto di sera: circa un’ora dopo i bimbi riescono ad addormentarsi con facilità, stando ai dati raccolti”. Non è un manuale di elementare saggezza delle nonne, ma la sintesi di due ricerche scientifiche di altrettante università, una inglese l’altra americana: l’University College di Londra e l’Università del Colorado.
E si legga dal Corriere della Sera del 26 agosto 2014: secondo “l’American Academy of Pediatrics, la più autorevole associazione nel campo della salute dei minori, i giovani devono dormire più a lungo se vogliono rendere a scuola: l’avvio alle 8 delle lezioni nelle medie e nelle superiori non fa bene… i ragazzi non vanno a letto prima delle 11 di sera col risultato di avere uno spazio troppo esiguo per il riposo fisico e mentale. «La mancanza cronica di sonno è uno dei più diffusi problemi di salute pubblica in Usa», afferma Judith Owens, coordinatore del gruppo di studio. Giovanni Corsello, presidente della Società italiana di pediatria (Sip): “Noi ne abbiamo discusso lo scorso anno. Ora potrebbe essere giunto il momento di riconsiderare la scansione degli orari nell’ambito di una revisione globale della scuola”.
“Perché i ragazzi tardano ad andare a letto? La risposta appare scontata. Trascorrono l’ultima parte della serata attaccati al web. «L’abuso degli strumenti informatici comporta una riduzione del sonno in quando si perde il desiderio di addormentarsi», fa notare Corsello. Secondo gli esperti, la giusta dose di sonno oscilla tra le 8 ore e mezza e le 9 ore e mezza. Indicazione poco rispettata da bambini e adolescenti”.
Restiamo in tema di bambini: sullo stesso giornale, il 26 novembre 2013, Anna Rezzara, professore di Pedagogia, Facoltà di Scienze della Formazione, Università Bicocca, Milano, scrive: “se per punizione intendiamo tutti quei modi di reagire ai comportamenti scorretti (dei bambini) che vanno dalla punizione fisica (le botte, ma anche il costringere in una posizione o in uno spazio obbligati), al togliere qualcosa di piacevole (gioco, compagnia, uscite, cibo, intrattenimenti), e a tutte le forme di obblighi, di restrizioni che fanno sperimentare ai bambini, oltre che la disapprovazione dei genitori, la mortificazione personale e la perdita di qualche libertà, confermo che questi mezzi non sono efficaci”.
La ricerca scientifica è una delle più importanti attività umane: grazie agli sforzi di generazioni di scienziati, all’opera dei tecnici di ogni ramo, la vita umana non soltanto si è enormemente allungata nella sua durata media, ma ha subito un balzo qualitativo del tutto impensabile qualche decennio fa. Non c’è bisogno di dilungarsi su questa evidenza, basta accennare agli enormi continui progressi nel campo della medicina, dell’alimentazione, del benessere in generale.
Sembra, però che tale impetuoso processo sia andato a scapito della riduzione a brandelli e della squalifica intellettuale di ogni altra forma di conoscenza che non sia quella scientifica; per essere del tutto onesti e completi si dovrebbe dire: ad eccezione di quella che si copre dietro un manto di scientificità, avvalorato da “ricerche” svolte da più o meno autorevoli istituzioni scientifiche.
Si vedano i tre casi che abbiamo sopra riportato: nel primo, due autorevoli università imbastiscono costose ricerche per asseverare che i bambini, soprattutto nei primi anni di vita, hanno bisogno di sonno e soprattutto di regolarità; non che non sia verissimo, ma lo sapeva anche la nostra Nonna semianalfabeta. Che si debba ricorrere a raffinati strumenti di ricerca per asseverare il più semplice buonsenso indica, a nostro avviso, il pauroso vuoto culturale dei tempi che viviamo, non a caso nel campo educativo
Nel secondo caso, partendo dalla constatazione (scientifica, s’intende) che la mancanza di sonno fa male alla salute fisica e psichica, la “scienza” cosa suggerisce? Cambiare l’orario di inizio delle scuole, visto che i ragazzi vanno a letto troppo tardi perché la sera si incollano al computer. L’autorevole scienziato non è neppure sfiorato dal sospetto che sia più semplice, enormemente più economico e soprattutto più giusto ed ovvio indurre invece i ragazzi ad andare a letto prima.
Qui si può osservare che lo scienziato, tacendo di tale possibile scelta opera, già di fatto, un discrimine che non è di natura scientifica (non deve la scienza considerare tutte le possibili soluzioni ad un problema?) ma un pre-giudizio di natura etica. Infatti, la volontà dei bambini, o dei ragazzi, in nessun caso può essere coartata. Se loro vogliono andare a dormire più tardi, si sposta l’inizio dell’orario scolastico, non l’ora di andare a letto. Come preparazione a quanto accade poi nel mondo adulto, non c’è male: si immaginano operai sonnacchiosi che pretendono di aprire i cancelli della fabbrica più tardi perché loro la sera vogliono stare sui social, e si immagina quanta probabilità abbiano di essere ascoltati e soddisfatti.
Il terzo caso conferma: secondo l’autorevole Professoressa, le punizioni – tutte: non solo quelle che comportano atti di brutalità, sulle quali ovviamente si conviene – ma proprio tutte le punizioni sono “inefficaci” e come tali, in una logica che si presume scientifica, ingiuste. Proprio tutte: anche la proibizione di un “intrattenimento” (un cartone alla Tv o qualche “educativo” gioco elettronico) come sanzione di un comportamento scorretto, magari grave.
Ora, il punto è che se questa è l’opinione dell’autorevole scienziata, tale opinione è ammissibile e rispettabile come tale: non però più di altre, di contrario avviso: in quanto la sua rispettabile opinione non è, a dispetto della sua qualificata esperienza accademica, il punto di arrivo di una inoppugnabile procedimento scientifico. In altri termini, vi sono – e sono numerosi, se per questo – molti ambiti in cui conoscenze non scientifiche risultano non solo valide, ma indispensabili. La scienza non è, e non potrà mai essere, la sola fonte di conoscenza per gli esseri umani.
E dubbi – che simpaticamente definiremo “laici” – ci sembra possano emergere anche a proposito di molte “ricerche”: per esempio quella condotta dalla Università di Melbourne (Australia) di cui riferisce “La Repubblica” in data 9 luglio 2014.
Secondo tale ricerca “i figli delle coppie gay sono più felici e in salute degli altri”: non come gli altri, ma proprio di più. “I figli di famiglie omogenitoriali sarebbero, secondo i calcoli scientifici dell’Università, del sei per cento più in salute di quelli con una mamma e un papà. Non solo: essi mostrerebbero una maggiore propensione alla coesione familiare. Mentre per quanto riguarda parametri come autostima, salute mentale e comportamentale non mostrerebbero alcuna differenza” (al lettore umanista raccomandiamo il mirabile uso dei condizionali).
Calcoli scientifici, sei per cento? L’articolo di Repubblica non spiega quali siano gli indicatori di felicità usati dai ricercatori di Melbourne, né come si faccia ad essere del sei per cento più in salute; ancor meno se esista un nesso causale con il sesso dei genitori. Ma tant’è, una spiegazione “scientifica” la da: “in una famiglia omogenitoriale si dividono oneri e responsabilità non rispetto agli stereotipi sessuali, ma semplicemente alle competenze. E questo ha un impatto positivo sui bambini e sulla loro salute”. Non si commenta tale tesi, anch’essa rispettabile ma, ci sembra, non particolarmente asseverata in modo “scientifico”.
L’uso improprio delle patenti di scientificità è poi reso clamoroso a nostro avviso, da dichiarazioni di un illustre scienziato, il Professor Veronesi, secondo il quale “Quello omosessuale è l’amore più puro, al contrario di quello eterosessuale, strumentale alla riproduzione”. Tesi affascinante e rispettabile, che anche stavolta non ci sembra però particolarmente scientifica, dato che non ci risulta che la categoria della “purezza” sia di quelle sottoponibili al metodo sperimentale.
Per cui, mentre si ascolteranno le parole del Professor Veronesi – che è uno dei più grandi medici oncologi del mondo – a capo chino e con la matita in mano quando ci spiega come curare il cancro, non altrettanto si farà quando lo stesso parla di cose che con la conoscenza scientifica nulla hanno a che vedere. Ma che interessano ugualmente gli esseri umani.
Cosa hanno a che fare questi argomenti con una rivista di sussidi spirituali?
“Senza regole di comportamento e di vita, fatte valere giorno per giorno anche nelle piccole cose, non si forma il carattere e non si viene preparati ad affrontare le prove che non mancheranno in futuro. Il rapporto educativo è però anzitutto l’incontro di due libertà e l’educazione ben riuscita è formazione al retto uso della libertà. Man mano che il bambino cresce, diventa un adolescente e poi un giovane; dobbiamo dunque accettare il rischio della libertà, rimanendo sempre attenti ad aiutarlo a correggere idee e scelte sbagliate. Quello che invece non dobbiamo mai fare è assecondarlo negli errori, fingere di non vederli, o peggio condividerli, come se fossero le nuove frontiere del progresso umano”. (Lettera di Benedetto XVI alla diocesi e alla città di Roma sul compito urgente dell’educazione, 21 gennaio 2008): digitare anche “emergenza educativa” su qualsivoglia motore di ricerca. Hanno a che fare con noi, eccome.
Alberto Hermanin