“Ascoltate, o voi tutte genti slave, ascoltate la Parola che venne da Dio, la Parola che nutre le anime, la Parola che conduce alla conoscenza di Dio”. Così si legge nella introduzione all’opera di traduzione compiuta dai santi Cirillo e Metodio, “Slavorum Apostoli” secondo la lettera enciclica di Giovanni Paolo II, del 1985.
I due santi erano fratelli: nati a Tessalonica, oggi Salonicco, allora seconda città per importanza nell’impero bizantino, greci di cultura e di nobile nascita, fin da giovani appresero la lingua slava che si era diffusa in Grecia a causa delle invasioni dei secoli precedenti. Avviati ad una carriera nel funzionariato imperiale, entrambi preferiscono ben presto gli ordini sacri. “Scovati” però dal Monastero in cui si erano ritirati, vengono inviati dal governo imperiale in Crimea a svolgere opera di apostolato. Qui ritrovano le reliquie del Papa Clemente I, che vi era morto esiliato. Di ritorno a Costantinopoli, l’imperatore Michele III li spedisce in Moravia, il cui principe Ratislao, di recente conversione al cristianesimo, aveva chiesto all’impero “un maestro che sia in grado di spiegarci la vera fede nella nostra lingua”.
I due fratelli operano a lungo in Moravia, compiendo in diverse fasi l’opera di traduzione della Scrittura e della liturgia in lingua paleoslava, con ciò realizzando un monumento culturale che darà frutti in tutto il fenomeno della progressiva conversione dei popoli slavi al cristianesimo. L’alfabeto stesso viene ripensato da Cirillo, che ne inventa uno più adatto ai suoni delle lingue slave, e che ancora oggi è definito “cirillico”.
Si direbbe che tale opera non possa essere accolta altro che con compiacimento da parte della Chiesa: ma così non è, allora come oggi. Cirillo e Metodio entrano in conflitto con il clero germanico proveniente da occidente, dall’impero carolingio, che considera la Moravia terra di sua giurisdizione. Il conflitto nasconde (nemmeno tanto) concretissimi interessi di potere ecclesiastico e non si limita alle parole ma sfocia anche in atti violenti.
Decidono allora di recarsi a Roma, cui faceva capo il clero carolingio, per giustificare la propria azione; e recando con se le reliquie del Papa Clemente I, vengono accolti solennemente dal Papa Adriano II. Questi, che ha compreso l’eccezionale valore del lavoro svolto dai due, sancisce la liceità della liturgia in lingua slava, che viene celebrata in diverse chiese romane.
A Roma Cirillo muore, pregando il fratello di non abbandonare la missione in Moravia e in Ungheria. Dove infatti Metodio ritorna riuscendo negli anni seguenti a organizzare la Chiesa, e curando la formazione di un gruppo di discepoli.
Ma il clero franco non ci sente, e continua a perseguitarlo, fino a imprigionarlo. Morto anche Metodio nell’885, i suoi discepoli vengono imprigionati e venduti come schiavi. Ma l’opera dei due fratelli resiste, gli schiavi vengono riscattati dal governo bizantino e inviati in Bulgaria: tutti i popoli slavi saranno ormai segnati per sempre dalla loro opera di “inculturazione” della fede.
Perché questo dice a noi, oggi, la vita di questi santi, personaggi di rilevante importanza storica: la necessità di calare la fede nelle diverse culture di ogni popolo: operazione di apertura mentale verso il diverso da sé che allora come oggi trova seri e talvolta drammatici ostacoli sul suo cammino. Ostacoli di natura ideologica (all’epoca è esistita addirittura una eresia detta “trilingue” secondo la quale vi erano solo tre lingue in cui si poteva lecitamente lodare Dio: l’ebraica, la greca e la latina), ostacoli dietro i quali non è difficile trovare interessi di tutt’altra natura.
Cirillo e Metodio, “slavorum apostoli”, grazie ai quali la terza famiglia linguistica europea, quella slava, si è avvicinata alla fede cristiana, sono stati proclamati dal Papa San Giovanni Paolo II compatroni dell’Europa insieme a San Benedetto: “Pertanto, con sicura cognizione e mia matura deliberazione, nella pienezza della potestà apostolica, in forza di questa lettera ed in perpetuo costituisco e dichiaro celesti compatroni di tutta l’Europa presso Dio i santi Cirillo e Metodio”. (Lettera Apostolica “Egregiae virtutis”, 31 dicembre 1980).
La Chiesa di Roma li venera il 14 febbraio, quelle d’Oriente l’11 maggio: due santi ecumenici per il passato e per il futuro della nostra Europa.