Angela Merici nacque nel 1474 a Desenzano sul Garda, allora territorio veneziano, da una famiglia colta. Probabilmente proprio alla sua prima formazione nella casa paterna si deve la devozione che Angela ebbe per due sante martiri, Santa Caterina d’Alessandria e santa Orsola.
A venti anni, dopo la morte dei genitori, diventa terziaria francescana. Attende alla faccende domestiche e alle opere di carità nella casa dello zio, quando ha la visione di una processione celeste in cui la sorella defunta le preannunciava che sarebbe stata la fondatrice di una Compagnia di vergini.
Trasferitasi a Brescia su consiglio dei superiori francescani da cui dipendeva come terziaria, è ospite di diverse famiglie, mentre si guadagna la vita con i lavori tipicamente femminili dell’epoca, come il cucito e i servizi domestici: in breve si costituisce intorno a lei un gruppo di laici e soprattutto di donne, impegnato in opere e iniziative di carità. L’opera di Angela Merici, “si prefiggeva un impegno particolare nella formazione sistematica delle ragazze; nel campo morale, integrando l’educazione ricevuta nelle famiglie, nel campo spirituale, alimentando quella già ricevuta nei monasteri, ma specialmente in campo intellettuale”. (da www.santiebeati.it)
Intraprende anche qualche pellegrinaggio fra cui è da segnalare quello in Terra Santa, che però non riesce a vedere: prima di sbarcare è colpita da una malattia agli occhi che la rende cieca per settimane, e solo sulla via del ritorno riacquisterà la vista.
Angela interpreta questa vicenda come segno della Provvidenza: oramai la sua fama cresce, la si vorrebbe a Venezia per occuparsi di orfanotrofi e altre opere di carità, e anche a Roma, dove il Papa Clemente VII vuole trattenerla; ma lei si sottrae ad ogni lusinga. Tornata a Brescia, nel 1533 “Angela Merici, a quasi 60 anni, costituì la ‘Compagnia delle dimesse di Sant’Orsola’; si dicevano ‘dimesse’ perché non vestivano l’antico e nobile abito delle monache; e ‘di Sant’Orsola’, perché, non avendo esse la protezione delle mura di un convento, dovevano vivere nel mondo e restare fedeli a Cristo, proprio come la giovane principessa della Britannia, uccisa dai pagani il cui culto era molto vivo anche a Brescia”. (da www.santiebeati.it).
La Regola della Compagnia è approvata da Paolo III nel 1544. Mentre cresce a dismisura la fama della sua fondatrice, l’Istituto delle Orsoline si accresce, e continua a farlo anche dopo la morte della santa, avvenuta nel 1540.
“La nuova condizione di vita consacrata, nata dall’intuizione mericiana, ribalta nei cieli le gerarchie dei destini femminili. Infatti con la nuova Compagnia… ogni donna, ogni donna consacrata può santificare la propria esistenza non rinchiusa fra le mura di un convento, ma vivendo ed operando nel mondo sul modello della chiesa primitiva. Questo implicitamente recava con sé l’attribuzione di dignità ad ogni ‘stato’ o condizione della donna, in un mondo che invece vedeva con sospetto la nubile, fuori dai due stati socialmente riconosciuti del matrimonio e della monacazione”. (da www.angelamerici.it).
Le vicende di quelle che vengono comunemente chiamate “Orsoline” esulano da questa pagina. Quello che invece preme far osservare nel contemplare la figura di questa donna, proclamata santa nel 1807, sono due aspetti specifici che ci sembrano di particolare interesse proprio nell’oggi.
Intanto, l’intuizione che ogni donna può consacrarsi e santificare la propria esistenza senza necessariamente rinchiudersi in un convento ovvero sposarsi. Se oggi tale sensibilità ci sembra del tutto naturale, è invece opportuno riflettere che si tratta di una vera e propria conquista concettuale.
Forse non casualmente la vita della santa si colloca nel secolo che vide la riforma protestante e, come sua conseguenza, quella che si può senz’altro chiamare la riforma cattolica: con la nascita di diversi ordini che saranno poi di importanza centrale nella vita della Chiesa, dai Gesuiti ai Somaschi, ai Filippini, e altri ancora.
Poi, la notevole modernità delle indicazioni che Santa Angela Merici lascia alle sue discepole nel campo propriamente educativo: non soltanto quella, di per sé rilevante, della opportunità di “educare” anche le donne (anche qui, oggi ci sembra ovvio, ma lo era molto meno nel tempo della santa) ma altresì le modalità di questa educazione. Si legge nel suo testamento spirituale: “Soprattutto guardatevi dal voler ottenere alcuna cosa per forza; perché Dio ha dato a ognuno il libero arbitrio e non vuole costringere nessuno, ma solamente propone, invita e consiglia”. (da www.santiebeati.it). Parole che sembrano echeggiare allora il magistero papale di oggi.