San Beda il Venerabile

25 maggio 2014

Poco si sa delle origini familiari di questo santo. Nato nel 672 o forse 673 nella regione nord orientale dell’Inghilterra, da notizie lasciate da lui stesso si può ricostruire che fu affidato in età ancora giovanissima ai benedettini dell’abbazia di Wearmouth, e in seguito raggiunse il monastero di Jarrow. Qui Beda trascorse tutta la sua esistenza di monaco pregando, studiando, insegnando, e ricevendo verso i trenta anni l’ordinazione sacerdotale.

Di stirpe anglosassone, Beda rifulge letteralmente nel quadro piuttosto oscuro dell’Inghilterra dei suoi tempi per la vastità e la profondità della sua cultura: conosce gli autori classici e quelli cristiani, sa il greco, ha letto opere scientifiche oltre che poetiche storiche ed esegetiche, scrive in un latino chiaro e corretto.

 

Fu un impareggiabile maestro, sempre ansioso del bene spirituale dei suoi confratelli, e attento a rispondere alle esigenze intellettuali del suo tempo con una attività intensa e benefica; da ciò la grande fortuna che ebbero le sue opere e l’influenza che Beda esercitò nel suo paese per lungo tempo.

 

Vite di santi, commenti biblici – che attestano in modo esemplare l’enorme importanza che la Scrittura esercita sulla cultura altomedievale in piena continuità con gli scritti dei Padri – opere di carattere scientifico come il De natura rerum, il De arte metrica, il De ortographia, illustrano non solo l’originalità del pensiero di Beda e della sua teologia – che dodici secoli dopo la sua morte verrà addirittura citata nella Costituzione dogmatica Lumen Gentium del Concilio Vaticano II – ma si potrebbe dire quasi la consapevolezza intrinseca in lui dell’importanza di trasmettere razionalità e ordine, in una parola, spirito, ad una età che ai nostri occhi e alla nostra sensibilità appare permeata di una impressionante barbarie.

 

Forse non è casuale che Beda sia citato anche nel decreto Ad Gentes sull’attività missionaria nell’ambito dello stesso Concilio Vaticano II. Si può quindi azzardare che san Beda, di fatto missionario di Cristo nel suo tempo, abbia anche egli mirabilmente “narrato Dio” con la sua professionalità, con la sua straordinaria capacità di trasmettere il sapere.

 

Ma ciò per cui l’opera di Beda è più nota ai moderni sono le sue opere storiche, che costituiscono una fonte preziosissima per la conoscenza di quel periodo della storia europea: in particolare, la monumentale “Historia ecclesiastica gentis Anglorum” che costituisce senza dubbio il maggior titolo di gloria di Beda, ed è da lodare per lo scrupolo nella enumerazione delle fonti, la cura dell’informazione ben vagliata, le descrizioni vivaci, la sensibilità problematica che deve distinguere il vero storico: ovunque egli attinge largamente ai predecessori ma lo dichiara esplicitamente – atteggiamento questo non sempre riscontrabile nei suoi successori moderni – aggiungendo però alcune sue riflessioni morali con buon senso e finezza.

 

Con un tratto tipico dei suoi tempi, e con commovente contraddizione proprio lui, autentico maestro e faro di conoscenza, sembra talvolta diffidare di se stesso e del suo insegnamento, come quando afferma “la sapienza mondana favorisce non poco la perdizione degli eretici”.

 

Di fatto, la sua opera si inserisce in quel contesto che vede gli esponenti dei singoli popoli barbarici stanziatisi nell’occidente europeo compiere la fusione tra il passato romano e le loro tradizioni nazionali, e dimostrare una continuità cementata in certo qual modo dalla nuova fede cristiana: la quale si pone a garanzia di questa continuità pur nell’alternarsi delle vicende drammatiche di una età dura e tormentata.

 

Ci piace infine citare, fra le sue opere, una che rimarrà famosa per tutto il Medioevo, e che oggi, in piena era digitale, potrebbe farci sorridere: Beda scrive il “Liber de loquela per gestum digitorum”, che insegna a fare i conti con le dita. Un sorriso, il nostro, che diventa però assai meno ironico quando si pensi alle condizioni di arretratezza culturale e civile di quel suo tempo altomedievale che non del tutto infondatamente è stato definito età oscura. Allora anche un’opera come questa si comprende per quello che è, una vera e propria “canna da pesca” con la quale il previdente missionario, non limitandosi a donare il pesce, insegna a pescare alle sue pecorelle, aiutandole a costruire un domani migliore dell’oggi.

 

San Beda il Venerabile – fu chiamato così già in vita e l’appellativo gli rimarrà sempre – morì il 26 maggio 735. Il Papa Leone XIII lo proclamò santo e dottore della Chiesa, istituendo una festa liturgica in suo onore.

 

a cura di Alberto Hermanin

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