Salvatore Di Cristina
Vescovo
Giaquinta non sapeva altro che insegnare Cristo, tutto in lui era dentro questa chiave di volta. Egli è stato un narratore di Dio credibile. Narrare è diverso da annunciare, parlare o insegnare. Narrare è di più, è rimanere coinvolti nelle esperienze che si fanno, con le proprie emozioni. La narrazione appartiene al genere della testimonianza. Ciascuno ha un modo diverso di narrare, e in questo Giaquinta è stato maestro, prima ancora della narrazione che passa attraverso i suoi scritti, perché prima di tutto ha narrato Dio con la sua vita.
Io ho avuto la grazia di conoscerlo da vicino. Egli ha narrato Dio nella attività ministeriale, dal confessionale al pulpito, agli scritti; io in persona mi sono sentito accolto: mi ha narrato Dio con la paternità, con l’amicizia, la vicinanza incoraggiante, con il suo modo personalissimo e toccante di presiedere la preghiera, soprattutto quella eucaristica: era uomo che realmente si incontrava con Dio. Ha narrato Dio nel suo stile personalissimo di accogliere le persone, uno stile che aveva tante corde, tante tonalità, come un caleidoscopio (tenerezza, affettuosità, signorilità del tratto, distensione, ruvidezza, stile severo e permissivo).
Ha narrato Dio nella ricchezza di umanità espressa dai suoi tanti svariati e lungimiranti interessi. Narratore nella creatività e nel lanciare sempre proposte alte. Mi ricordo le riunioni del Movimento Pro Sanctitate a Roma: tra tutti, anche tra i più giovani, era sempre lui ad avere proposte più vaste e lungimiranti. Avanzato, propositivo, pieno di coraggio. Ha narrato Dio nella sua volontà e capacità di coinvolgere, fondatore che lancia gli altri in una avventura straordinaria di cui si è assunto la responsabilità, soprattutto per l’impegno di vita delle consacrate. Lo ha fatto in nome e con l’autorità di Dio. Narrava la speranza di Dio su ciascuno di noi, raccontandoci come Dio ha dei disegni altissimi nei nostri confronti e lui se ne faceva portavoce e se ne assumeva la responsabilità. Ha narrato Dio nella centralità divina del suo messaggio e della sua missione, attraverso la centralità della santità di Dio, pensata come disponibile per tutti; è stato tra i pionieri della vocazione universale alla santità e ne ha fatto la sua bandiera: questo è stato il suo modo originale di narrare Dio. Dio ci ha fatti per condividere la sua somiglianza. A noi è chiesto di renderci disponibili a questo lavoro di Dio in noi. Era un narratore della santità di Dio ma senza la pretesa di essere arrivato: era un cercatore di Dio come tutti gli altri e ha avuto il desiderio di cercarlo sempre di più. Questo è il segreto della santità, non quello di sentirsi arrivati ma di continuare ad essere cercatori.
Intervento a Noto, 19 ottobre 2013