Primogenito di una nobile famiglia del ducato di Savoia, compie gli studi universitari in legge a Padova e Parigi dove, appassionandosi alla teologia, rimane turbato dall’idea di predestinazione. Vince la sua angoscia pregando così: “Qualsiasi cosa accada, Signore, tu che tieni tutto nella tua mano, e le cui vie sono giustizia e verità; qualunque cosa tu abbia stabilito a mio riguardo… tu che sei sempre giusto giudice e Padre misericordioso, io ti amerò, Signore”. La fede nell’amore misericordioso del Padre sarà, infatti, il fondamento del suo insegnamento spirituale, esposto nel Trattato dell’amor di Dio (Teotimo); amore che Francesco si sforza di imitare assumendo un atteggiamento di dolcezza, affetto e rispetto verso il prossimo, specialmente verso i lontani.
Andando contro le attese paterne diventa sacerdote e offre al vescovo di Ginevra la propria azione per la conversione dei protestanti. Diventato a sua volta vescovo di Ginevra, essendo la città in mano ai calvinisti, sposta la sede episcopale ad Annecy, cittadina sui monti della Savoia.
Molta “gente di mondo”, conquistata dalla sua dolcezza, si affida alla sua direzione spirituale. A Digione nel 1604 conosce l’aristocratica vedova Giovanna Francesca di Chantal, con la quale inizia una corrispondenza epistolare ed una profonda amicizia che sfocia nella fondazione dell’Ordine della Visitazione. Per un’altra nobildonna scrive L’introduzione alla vita devota (Filotea) dove Francesco insegna che la vocazione alla santità (che egli chiama “devozione”): «deve essere vissuta in modo diverso dal gentiluomo, dall’artigiano, dal domestico, dal principe, dalla vedova, dalla nubile, dalla sposa; ma non basta: l’esercizio della devozione deve essere proporzionato alle forze, alle occupazioni e ai doveri dei singoli. Ti sembrerebbe cosa fatta bene che un Vescovo pretendesse di vivere in solitudine come un Certosino? E che diresti di gente sposata che non volessero possedere nulla come i Cappuccini? D’un artigiano che passasse le sue giornate in chiesa come un Religioso? Non ti pare che una tal sorta di devozione sarebbe ridicola, squilibrata e insopportabile? Eppure queste stranezze capitano spesso, e la gente di mondo, che non distingue, o non vuol distinguere, tra la devozione e le originalità di chi pretende essere devoto, mormora e biasima la devozione, che non deve essere confusa con queste stranezze. Se la devozione è autentica non rovina proprio niente, anzi perfeziona tutto; e quando va contro la vocazione legittima, senza esitazione, è indubbiamente falsa… La vera devozione …non solo non porta danno alle vocazioni e alle occupazioni, ma al contrario, le arricchisce e le rende più belle… tutti diventano più cordiali e simpatici nella propria vocazione se le affiancano la devozione: la cura per la famiglia diventa serena, più sincero l’amore tra marito e moglie, più fedele il servizio del principe e tutte le occupazioni più dolci e piacevoli. È un errore, anzi un’eresia, il pretendere di eliminare la vita devota dalla caserma del soldato, dalla bottega dell’artigiano, dalla corte del principe, dall’intimità degli sposi».
A soli 55 anni muore a Lione il 28 dicembre 1622. La salma giunge ad Annecy il successivo 24 gennaio. Canonizzato da papa Alessandro VII nel 1665; nel 1877 Pio IX lo proclama Dottore della Chiesa.
«San Francesco di Sales sembra che sia stato donato alla Chiesa per uno speciale disegno di Dio, perché e con l’attività della sua vita e con la forza della dottrina abbattesse quell’opinione già inveterata ai suoi tempi, e ancor viva ai nostri giorni, secondo cui la santità propriamente detta, quale la propone la Chiesa Cattolica, o non si può raggiungere, o almeno è tanto difficile da conquistarsi, che non può convenire per nulla alla maggior parte dei fedeli, bensì è soltanto alla portata di pochi – dei dotati di animo nobile, ed elevato – e che essa, per di più, si trova legata a tante difficoltà e noie, che in nessun modo può adattarsi ad uomini e donne che vivono fuori del chiostro». Invece: «La santità della vita non è un favore straordinario concesso solo ad alcuni e negato agli altri, bensì il comune destino ed il comune dovere di tutti; e che, poi, l’acquisto delle virtù, sebbene sia fondato sullo sforzo – sforzo che però è compensato largamente da gioia e consolazioni spirituali di ogni genere, – tuttavia è alla portata di ciascuno per l’aiuto della divina grazia, che a nessuno è negato» (Pio XI – enciclica Rerum omnium - 1923).
“Credo sia difficile trovare un’anima così limpida, così cristallina, così pura come San Francesco di Sales: eppure, quale equilibrio nei suoi rapporti con gli altri, quale senso profondo di umanità. Egli è il santo, oltre che della dolcezza soprannaturale, della bontà umana: sa creare la giusta distanza in modo che non ci siano compromessi, pericoli, cedimenti, ma una volta stabilita questa condizione indispensabile, sa comprendere, sa avvicinare, non distrugge l’elemento di umanità che il Signore ha messo in noi e che è una realtà positiva, che può essere utilizzata anche nel campo soprannaturale” (G. Giaquinta, La spiritualità dell’Organizzazione Pro Sanctitate, 1962).
a cura di Francesco Costa