Diego Bona
Vescovo emerito di Saluzzo
Non ho avuto tante occasioni di incontrare Mons. Guglielmo Giaquinta: due volte quando prestava il suo servizio pastorale nel Vicariato di Roma, poi un lungo periodo di silenzio durante la sua permanenza a Tivoli, qualche volta di più nel tempo del suo lungo «ritiro» di preghiera nell’accompagnamento spirituale della «Pro Sanctitate» e per prepararsi all’incontro con il Signore.
Ricordo particolarmente due incontri: quello di una sera d’estate, nel 1966, quando mi chiese di assumere la cura pastorale della Parrocchia Stella Maris di Ostia con parole di sconcertante semplicità e che non lasciavano spazio alla replica «perché adesso tu servi lì»; e l’ultimo, quella della sua celebrazione giubilare, dove lo vedevamo contento ma quasi frastornato da tutta quella gente e da tutte quelle parole cui non era abituato e che non lo toccavano più di tanto.
Quando penso a Mons. Giaquinta mi viene in mente la parola biblica «sapienza». Credo non ci sia nel vocabolario cristiano un termine più ampio e comprensivo, perché raccoglie tutte le grazie che scendono dal cielo e tutto il bene che si fa sulla terra, come penso non ci sia parola che si attagli maggiormente alla figura ed alla missione di Monsignore.
Certamente in lui ha lavorato molto lo Spirito, con il corredo dei suoi doni di cui la sapienza è capofila: «noi abbiamo una sapienza da offrire a coloro che hanno raggiunto maturità : una sapienza che non è di questo mondo, né dei dominatori di questo mondo… parliamo di una sapienza divina… quelle cose che Dio ha rivelato per mezzo dello Spirito» (1 Cor 2, 6-10). Riandando alla sua vita ed al suo ministero sacerdotale impegnato in mezzo alla gente, nel lavoro della parrocchia e della Diocesi sorprende la sua attenzione alla voce dello Spirito che è «novità » e fantasia e la sua risposta, grande, generosa e vera, come la sua adesione profonda a Cristo, con un fuoco che gli arde dentro e si traduce in preghiera ed in preghiere, che ancora adesso alimentano la nostra incapacità a pregare.
Sorprende soprattutto la sua intuizione della vocazione alla santità di tutte le persone, tutte e di ogni condizione, nessuna esclusa, ciascuna nel suo stato di vita e nella sua situazione concreta.
Non era ancora venuto il tempo della primavera del Concilio che avrebbe chiaramente affermato queste verità fondanti della vita cristiana e della Chiesa, ma era già presente in lui questa anticipazione, questa urgenza luminosa e profumata co me il mandorlo che fiorisce nella pagina di Geremia.
Quando ho letto la parola «massimalismo» che Monsignor Giaquinta usava per definire il rapporto tra l’uomo e Dio, mi era sembrata alquanto esagerata ma ho potuto vedere e capire che era l’unica pista vera, l’unica strada per giungere ad una «riuscita» della vita cristiana ed essere fedele al battesimo.
Noi siamo abituati a navigare sotto costa, a vista, per timore di perdere i punti di riferimento e ci riduciamo così a piccolo cabotaggio, mentre la sapienza di Dio, «entrando nel cuore degli uomini, ne fa degli amici di Dio, e dei profeti».
Questa profezia l’ha saputa dire e trasmettere a delle persone semplici, quelle che il Signore gli faceva incontrare, con parola sincera ed appassionata, aprendo orizzonti vasti a coloro che cercavano con cuore sincero, fin dai primi anni del suo sacerdozio.
Qualcuno avrà sorriso di questa sua scelta interiore e spirituale in un momento in cui l’azione pastorale sembrava prediligere le realizzazioni appariscenti, ma era ancora la sapienza di Dio che fa vedere lontano oltre la linea bassa del rumore e del successo.
Quando un sacerdote si impegna a fondo in un’opera di Dio gli succede di raccogliere abbastanza spesso valutazioni intrise di malcelata ironia e vuota sufficienza. Anche a Monsignore è successo così, e ricordo anch’io alcune battute, qualche volta bonarie e qualche volta un po’ meno, come certamente hanno sperimentato coloro che lo hanno seguito nel la prima ora.
Ma quel seme, posto nel silenzio e nella preghiera, coltivato nella dedizione della vita e nell’offerta del sacrificio, è diventato pianta robusta e tanti si riposano alla sua ombra.
È successo anche a me, più di una volta, di sperimentarne la pace e la consolazione.