Qui di seguito e nello sviluppo della tematica Narrare Dio che sarà proposto nei successivi numeri di Aggancio, viene offerto questo sussidio di testi e brani letterari e di attualità che aiutano ad approfondire e scoprire come la narrazione di Dio avviene sempre attraverso un’esperienza di vita, perché la realtà di Dio è questa, farsi carne. E questo è anche il fondamento della chiamata universale alla santità: di fronte ad essa non ci sono sapienti o ignoranti, poveri o ricchi, primi o ultimi ma solo uomini, figli di Dio prima di tutto, amati e sollevati da questo amore di Dio verso le vette più alte dell’umanità e della fede.
Come utilizzare questa scheda di attualità
Seguendo i tre passaggi tematici (La conversione – nella via quotidiana – per una vita centuplicata) oppure utilizzando le sezioni singolarmente, è possibile lasciarsi nutrire il cuore e lasciarsi interrogare dalle suggestioni e le domande che gli stessi testi offrono, e su di essi sviluppare il dialogo e il confronto, non tralasciando concreti propositi di vita finali.
La conversione
È inutile presentarsi a Dio con il viso coperto, egli toglierà tutte le bende della nostra finzione. Ci guarderà in faccia. (Alda Merini)
Si sente il bagliore d’un foglio nuovo, su cui tutto potrà accadere.
(Rainer Maria Rilke)
Chi ti descriverà, luce divina
Che procedi immutata e immutabile? (Alda Merini)
“Entrato alle cinque e dieci d’un pomeriggio in una cappella del Quartiere Latino per cercarvi un amico, ne sono uscito alle cinque e un quarto in compagnia di un’amicizia che non era di questa terra. Entratovi scettico e ateo, ne sono uscito qualche minuto dopo cattolico, apostolico, romano, trascinato, sollevato, ripreso, risucchiato dall’onda di una gioia inestinguibile. Al momento dell’entrata avevo vent’anni. All’uscita ero un bambino pronto per il battesimo che sgranava gli occhi sulla meraviglia del cielo abitato.
Non mi nascondo ciò che una conversione come questa, per la sua caratteristica di subitaneità improvvisa, può avere di stridente, d’inammissibile addirittura, per gli spiriti contemporanei che preferiscono le vie del raziocinio ai mistici colpi di fulmine, e che apprezzano sempre meno gli interventi del divino nella vita quotidiana…
La grazia non ha predilezioni particolari, la sua irruzione straripante, totale, s’accompagna con una gioia che non è altro che l’esultanza del salvato, la gioia del naufrago raccolto in tempo”
“Il cristianesimo è una storia d’amore, una storia in cui l’amore crea, spiega, regge e salva tutto”.
(André Frossard)
“Ma come fa Gesù a sentirmi se il cielo è lontanissimo?”
“Dio sa il mio nome?”
“Ma perché Gesù’ è dovuto nascere per forza?”
“In paradiso c’è il mare? E l’altalena?”
(Dalle “Domande grandi dei bambini” su You Tube, risponde Padre Maurizio Botta)
Gesù parlava di Dio nelle parabole senza nominarlo. Non aveva in bocca la parola ‘Dio’, utile in ogni dialogo, non aveva l’ansia di nominarlo a tutti i costi, parlando di Dio alla terza persona. Nelle parabole si trova una parola ‘non religiosa’, una parola che indicava alla mente degli ascoltatori cose ed eventi umanissimi.
Possiamo pensare che a volte venissero rivolte a Gesù delle domande su Dio, eppure egli non rispondeva con formule, non forniva certezze, ma rimandava all’esperienza umana, alla storia e alla microstoria in cui gli uomini e le donne sono coinvolti. Quasi a dire: “Aderite alla realtà, guardate con gli occhi, ascoltate con gli orecchi, cercate, pensate, interrogate!”. Non c’era mai in Gesù l’ansia di fornire risposte catechetiche, di annunciare dogmi, di indicare leggi morali ferree: “Non parlava come gli scribi”, annotano i vangeli, ma “parlava con autorevolezza” (cf Mc 1, 22 e par.). Questo suo linguaggio umanissimo sconcertava in bocca a un predicatore, perché egli non diceva quello che tutti dicevano per professione e non ripeteva quello che era stato detto e che veniva chiamato tradizione (cf. Mc 7, 9-13; – Mt 15, 3-6).
La carne di Gesù era parola umana, come la carne di ciascuno di noi è una parola d’uomo. E il suo essere ‘Parola di Dio’ non era venuto meno nel diventare carne umana, quel corpo di Gesù di Nazaret che gli occhi hanno visto, gli orecchi hanno ascoltato, le mani hanno palpato (cf. 1Gv 1, 1).
(Enzo Bianchi, Parlare di Dio senza far ricorso al sovraumano)
Nella via quotidiana
Gli uomini del nostro tempo, magari non sempre consapevolmente, chiedono ai credenti di oggi non solo di parlare di Cristo, ma in un certo senso di farlo vedere.
(Giovanni Paolo II, Novo Millennio Ineunte)
Io vivo proprio nel mezzo,
nella terra degli uomini,
dove suona la musica,
e governa la tecnica,
e mi piace la plastica,
si sperimenta la pratica e…
E si forma la lacrima,
dove suona la musica,
e il futuro si srotola,
e l’amore si fa… e l’amore si fa!!!
(Terra degli uomini, Lorenzo Cherubini in arte Jovanotti)
“Un buon cristiano si distingue perché crede in Dio, conosce Cristo. Impara a conoscerlo sempre meglio. Un cristiano sente che il suo amore per Gesù diventa più forte. Lo spingerà sempre di più ad agire socialmente, a intercedere per gli altri, come ha fatto Gesù, che ha operato guarigioni, chiamato gli apostoli, criticato i potenti, ammonito i ricchi e accolto gli stranieri. Così diventerà una persona che sente di essere sostenuta da Dio”.
(Card. Carlo Maria Martini)
“Non dobbiamo aver paura degli impegni definitivi, degli impegni che coinvolgono e interessano tutta la vita. Questi impegni riguardano spesso precisamente la vita. Una vita senza sfide non esiste”.
(Papa Francesco, 4 maggio 2013, Santa Maria Maggiore)
“La misura del paradiso in noi è il compimento preciso e generoso del nostro dovere quotidiano. Questo dovere è il contrario di ciò che si potrebbe chiamare spirito di avventura, spirito di ricerca. Esso libera alla visita di Dio la piccola particella di umanità che noi siamo e ci stabilisce in una legge di amore. Compiere il proprio dovere quotidiano è accettare di rimanere dove si è, perché il regno di Dio giunga fino a noi e si estenda su questa terra che noi siamo. È accettare con un’obbedienza magnanima la materia di cui siamo fatti, la famiglia di cui siamo membri, la professione in cui lavoriamo, il popolo che è il nostro, il continente che ci circonda, il mondo che ci serra, il tempo in cui viviamo. Perché il dovere di stato non è quell’obbligo meschino di cui si parla talvolta. È il debito del nostro stato di esseri carnali, di figli o di padri, di funzionari, di padroni, di operai, di commercianti; di francesi, di europei, di “cittadini del mondo”, di uomini d’oggi. E il saldo di questo debito, versato integralmente, soldo a soldo, ogni minuto, farebbe di noi dei giusti. Sarebbe un lungo viaggio fare il giro del dovere così considerato”.
(Madeleine Delbrel)
Son sempre i migliori che partono,
ci lasciano senza istruzioni,
a riprogrammare i semafori,
in cerca di sante ragioni e c’è sempre
un gran sole a sorprenderci
nell’indifferenza degli arbitri,
che stanno lì a leggere i monitor con
le facce impassibili,
e sotto i miei piedi c’è un baratro,
e sulla mia testa c’ho gli angeli,
e qui siamo proprio nel mezzo,
nella terra degli uomini…
“Lo chiamavano 3P: Padre Pino Puglisi”.
Ve lo racconterò usando solo la lettera P: piccolo Pino pensava, perché, perché le persone piangono? Perché le persone patiscono, perché povertà, prostitute, pregiudizi, pregiudicati, parole pesanti, panico, pistole, paura? Posso portare pace? Posso. Prete, padre, prete per passione, prete per predestinazione, papà, papà per picciotti, picciriddi, Padre Pino Puglisi parlava parecchio, parlava ponderato, parlava pensando, però per persone povere parlava pacato, piacevole, pacifico, parlava paterno, per prepotenti parlava papale papale, parole penetranti, pungenti perché? Perché potevano plasmare. Poi pensò: posso portare più pace? Posso proteggere più persone? Posso, Paradiso prendimi.
(da You Tube – Ivan Fiore)
Era un architetto particolare, non aveva sete di guadagni, di gloria, ma bruciava di passione per il suo lavoro, una passione che scaturiva dalla sua profonda fede religiosa e trasformava il suo operare in una continua preghiera. Dedicava a Dio ogni sua opera, e cercava di lasciare su di essa, anche se era un’opera civile, un ‘segno’ religioso. A volte si scontrava con chi gli aveva commissionato il lavoro, perché la Spagna, all’inizi del Novecento, era percorsa da un forte vento anarchico e da un socialismo ateo, anticlericale. Ma non si piegò mai alle mode politiche o ideologiche, preferiva perdere il lavoro. In certi momenti, quando i soldi mancavano del tutto, si trasformò in mendicante. Andava per le strade di Barcellona a chiedere la carità. Molti ritenevano che fosse impazzito. Non riuscivano a concepire che un uomo del suo genio, che avrebbe potuto avere enormi ricchezze se solo si fosse applicato ai progetti che la ricca borghesia gli chiedeva, pensasse invece solo a quel “tempio” che forse non sarebbe mai stato portato a termine. Ma lui non badava alle chiacchiere. Con l’aiuto delle offerte della povera gente, continuò a costruire. “Questo tempio verrà finito da san Giuseppe”, diceva. “Nella Sagrada Familia tutto è frutto della Provvidenza, inclusa la mia partecipazione come architetto.
(Dalla biografia di Antonio Gaudì - Barcellona)
“Devo lodare e ringraziare ogni istante del tempo.
Il mio nutrimento sono tutte le cose.
Il peso preciso dell’universo, l’umiliazione, il giubilo”. (Jorge Luis Borges)
Il rendere giustizia è un rapporto indiretto per il tramite dell’amore verso la persona giudicata. Bisogna dimettere ogni vanità e soprattutto ogni superbia, si deve avvertire il peso del potere che ci è affidato.
(Rosario Livatino - Fede e Diritto – 30 aprile 1986, Canicattì)
Per una vita centuplicata
Ti vorrei sollevare
Ti vorrei consolare
Ti vorrei ritrovare
Vorrei viaggiare su ali di carta
Sentire il vento che soffia
Ci chiediamo cosa siamo venuti a fare cos’è l’amore
Stringiamoci più forte ancora…
(Elisa e Giuliano Sangiorgi)
E l’amore è una trappola
mica sempre però..
Qualche volta ti libera,
e ti senti una favola,
e ti sembra che tutta la vita non è
solamente retorica,
ma sostanza purissima,
che ti nutre le cellule,
e ti fa venir voglia di vivere fino
all’ultimo attimo,
dove suona la musica,
nella terra degli uomini,
dove trovi anche un posto per chi ti
sorride da un angolo,
fino all’ultimo attimo… fino all’ultimo
attimo… fino all’ultimo attimo!!!
(Terra degli uomini, Lorenzo Cherubini in arte Jovanotti)
“Al cristianesimo devo i momenti più elevati, la volontà più pura del mio vivere. In Dio si incentra e ritorna ogni valore. In Lui posa la fiducia che in questa mia vita di valori che in essa sento, attraverso questo agitato flusso umano, abbia un senso uno scopo cui ciascuno, in quanto è e per quanto si realizza, contribuisce. Realizzando la migliore società e umanità realizzeremo quanto vi è di più simile al divino nell’umano. Nei cantieri della terra cammina la città di Dio”.
(Beato Marcello Callo)
“È bello morire per ciò in cui si crede.
Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola”. (Paolo Borsellino)
“Prima di tutto bisogna non essere soli”. (Giovanni Falcone)
“Siete tutti chiamati alla santità. Sacrificarsi continuamente per il bene degli altri con gioia, serenità, amore; è un obbligo che abbiamo di ricambiare verso il prossimo ciò che Dio concede a noi. Il silenzio è il mezzo ottimo per santificarsi, per non dire sciocchezze e commettere meno peccati, per abbassare l’orgoglio, esercitare l’umiltà e la pazienza ed imparare a conversare con Dio.
Mantenere la parola a qualunque costo, anche nelle piccole cose. Non promettere senza mantenere, non ingannare, neppure per scherzo, alcuno. Aiutare i poveri e i derelitti il più possibile, materialmente e spiritualmente. La carità sia un altro cardine del programma di vita. Servire è migliore del farsi servire. Gesù serve”.
(Alberto Marvelli, ingegnere, proclamato beato a Loreto nel 2004)
“Dio non c’entra, se c’è egli abita nei cieli o se vuoi nel cuore dell’uomo, i cieli sono suoi, il cuore è suo, ma la terra, il cervello sono nostri” (Alfredo Frassati parla con il figlio).
“No papà, la fede investe la totalità della vita, vorrei che Cristo fosse presente nella scuola, nella società, nella politica, nel sindacato, nelle fabbriche, ovunque”.
“Così hai rifiutato gli ideali politici della tua famiglia, ti sei messo contro la società e la classe cui appartieni”.
“Nel cuore, come nell’impegno sociale o politico sono di Cristo”.
(da “Se non avessi l’amore” di Leandro Castellani, 1991 – dialogo tra Alfredo e Piergiorgio Frassati)
C’era in lui la speranza del sempre possibile, l’amore per la vita-vita (qualcosa di più della qualità della vita), la gioia e un grande senso dell’umorismo, quello che come scrive Shakespeare, piange da un occhio e ride dall’altro. Da studenti – ricorda la sorella – ci ponevamo una domanda: “Ma Dio ride?”. Certamente – commentava Giancarlo – non può essere il Dio di una religione lugubre e funerea, della negatività simile a un corteo funebre di cattolici oppressi dal senso di colpa del peccato, della punizione e del rigore soltanto. Se l’uomo è fatto a somiglianza di Dio allora dalle manifestazioni dell’uomo si può risalire a Dio e nell’uomo c’è il riso e l’allegria…
(dalla vita di Giancarlo Rastelli, il cardiochirurgo che spende tutta la vita per ‘il malato da servire’, traccia indelebile nella storia della cardiochirurgia mondiale)
“Il luogo più importante è promessa, desiderio, amore. Ogni altro luogo è soltanto un passaggio, uno scalo più o meno breve. Nasciamo da qualche parte e viviamo qui o lì, dappertutto si tratta di preferire lo slancio all’immobilità, il desiderio al possesso, il vento piuttosto che la pietrificazione. Non importa dove si muore, si muore sempre in cammino su una soglia”.
(Sylvie Germain, “Portare il peso del tempo”)
“Poi ti accorgi che stai piangendo
che hai tutto il viso caldo di lacrime
e non fai niente per zittirti
perché piangi nella felicità della purificazione”.
(Francesco Milli, missionario cappuccino)
Nicoletta Sechi - Associata del Movimento Pro Sanctitate di Pescara