Ascanio Caracciolo nasce il 13 ottobre 1563 a Villa Santa Maria (Chieti), feudo della sua principesca famiglia. Riceve un’educazione severa fatta di esercitazioni militari, com’era uso per i nobili, e di assiduo studio. Ha grande devozione alla Madonna, che onora portando lo scapolare del Carmine e recitando il rosario, ed è molto caritatevole verso i poveri. A 22 anni è colpito da una infezione (elefantiasi) che ne deturpa il corpo. Giudicato inguaribile, posto in isolamento, attraverso una finestrella può seguire la Messa celebrata nella cappella del palazzo. Fa voto di consacrarsi al servizio di Dio e del prossimo in caso di guarigione. Dio accoglie la sua preghiera e dopo aver distribuito ai poveri i propri beni si trasferisce a Napoli, per lo studio della teologia. Ordinato sacerdote a 24 anni, entra nella Compagnia dei Bianchi: confraternita i cui membri esercitano le opere di misericordia verso i malati, carcerati e condannati a morte. Della confraternita fa parte anche un suo omonimo a cui il sacerdote Agostino Adorno (aristocratico genovese) indirizza una lettera in cui propone la fondazione di un ordine di sacerdoti dediti sia alla vita attiva che contemplativa. Conquistato dal progetto apostolico, anche se la lettera non era indirizzata a lui, si rende disponibile per la fondazione del nuovo istituto e nel 1587 vengono redatte le costituzioni: “Questo sarà il principale impegno [carisma] della nostra congregazione: stare assiduamente al cospetto della Divina Maestà… con la preghiera continua. Poiché ciò è impossibile per la singola persona, stabiliamo che, in ogni casa della nostra Religione, le ore del giorno e della notte siano distribuite in modo tale che almeno sia possibile adempiere a questo compito a turno”. Oltre ai tre voti comuni a tutte le famiglie religiose viene espresso anche un quarto voto di non ambire a dignità ecclesiastiche. Nel 1588 assieme all’Adorno si reca a Roma dove Sisto V, compiaciuto per l’indole francescana del nuovo istituto, approva l’Ordine dei Chierici Regolari Minori. Di ritorno a Napoli i primi confratelli fanno solenne professione religiosa la domenica in albis 9 aprile 1589 e scelgono come motto della sorgente congregazione: “Ad majorem Resurgentis gloriam” (a maggior gloria del Risuscitato). Per la grande devozione che Caracciolo nutre verso il Poverello d’Assisi, al momento della professione religiosa cambia il nome di battesimo con quello di Francesco.
L’adorazione eucaristica perpetua è la principale caratteristica del nuovo istituto e il più prezioso lascito di S. Francesco Caracciolo alla Chiesa: egli mai si stancava di esortare i sacerdoti a celebrare la Messa ogni giorno e i fedeli a comunicarsi frequentemente. Il bisogno di rimanere unito a Cristo lo spinge a celebrare la Messa, con intensa fede, a trascorrere lunghe ore in adorazione del Tabernacolo, a contemplare i misteri della Passione del Signore. Da lì scaturisce lo zelo di essere accanto ai fratelli più poveri ed emarginati. Dopo un anno d’inutili sforzi per aprire una casa religiosa a Madrid, sopravvissuti a due naufragi, di ritorno a Napoli, nel 1591 Adorno muore; cosicché, quando si riunisce il primo capitolo generale, Francesco viene eletto Preposito Generale perpetuo, ma egli, nella sua umiltà, accetta la carica solo per 3 anni. Rifiuta gli onori continuando a questuare per soccorrere i poveri, a portare vesti lise, a pulire la chiesa e occuparsi delle faccende domestiche. Rettore della chiesa di Santa Maria Maggiore in Napoli e maestro dei novizi, è dotato del dono di profezia e del discernimento degli spiriti. Nel 1601 in Spagna fonda case religiose a Madrid, Valladolid e presso l’università di Alcalà. Eletto maestro dei novizi a Madrid, nel 1604 torna a guidare la comunità di Napoli. Nel 1606 papa Paolo V, che avrebbe voluto farlo vescovo, gli dona come casa generalizia in Roma la chiesa di San Lorenzo in Lucina, dove Francesco si trasferisce divenendo presto celebre per la carità verso i poveri e per i miracoli.
Nel 1608, tornando dal pellegrinaggio a Loreto, si reca ad Agnone (Campobasso) dove c’è una comunità di sacerdoti che vuol unirsi al suo ordine. Qui consuma l’offerta della sua breve vita il 4 giugno, vigilia della solennità del Corpus Domini, dicendo: “Andiamo, andiamo al Cielo!”. Dichiarato beato da Clemente XIV nel 1769, è stato canonizzato da Pio VII nel 1807.
a cura di Francesco Costa