Nasce a Bologna l’8 settembre 1413, figlia del giurista ferrarese Giovanni de’ Vigri. All’età di 9 anni è scelta come dama di compagnia di Margherita, figlia di Nicolò III d’Este, signore di Ferrara. Alla corte estense riceve un’educazione privilegiata: studia il latino, impara a comporre poesie, a copiare e miniare libri, a dipingere, suonare, cantare e danzare:“ Ciascaduna amante che ama lo Segnore vegna alla danza cantando d’amore vegna danzando tutta infiammata solo desiderando colui che l’ha creata”. Quando Margherita va sposa, ottiene di trasferirsi presso una comunità di laiche che vivono di preghiera e lavoro; vi trascorre 5 anni di notte oscura assalita da ogni tentazione, specialmente contro la fede, fino a dubitare della presenza di Gesù nell’Eucaristia. Con alcune compagne abbraccia la regola francescana dando vita al monastero del Corpus Domini, dove vivrà 30 anni occupandosi delle mansioni più umili: la lavanderia, il forno, gli animali, al fine di conformarsi all’umiltà del Bambino di Betlemme, all’obbedienza di Cristo crocifisso, al nascondimento di Gesù nell’Eucaristia. Non manca poi di mettere al servizio della comunità la sua vivacità artistica. Della sua vita spirituale possiamo trarre qualche luce dai suoi consigli alle consorelle: “Chi vuole lasciare la strada malsicura, per entrare nella casa paterna, prenda la virtù della obbedienza e la tenga cara, come la più gentile e delicata sposa che si possa trovare; essa, scudo imperforabile, darà piena vittoria sui nostri nemici e guiderà alla eterna retribuzione, così come disse Cristo: «Chi segue me non vaga nelle tenebre, ma avrà la luce». Tuttavia, la persona così magnanima da prendere la croce per amore di Cristo Gesù, nostro salvatore, che prese la morte per darci la vita, sappia che dovrà sostenere, dal principio alla fine, molte e angosciose tentazioni. Perciò, per prima cosa, prenda le armi necessarie per combattere legittimamente l’astuzia dei nostri nemici… La prima arma è la diligenza; la seconda è la diffidenza verso le proprie forze; la terza è confidare in Dio; la quarta è non dimenticare mai la passione di Gesù Cristo; la quinta è non dimenticare mai la propria morte; la sesta è non dimenticare mai la gloria di Dio; la settima e ultima è non dimenticare mai l’autorità della Santa Scrittura, così come ne diede esempio Cristo Gesù, nel deserto”. Per trarre frutto dall’ascolto della Parola suggerisce: “Immaginate i brani del Vangelo e delle Epistole, che ogni giorno udite nella Messa, come altrettante lettere del vostro celeste sposo; custoditele nel vostro cuore, con grande fervente amore, pensate ad esse il più possibile… perché meglio e con più sicurezza possiate dolcemente e castissimamente abbracciare Colui che ve le manda; se farete così, vi troverete continuamente consolate nel vedere quanto spesso riceviate nuove e belle notizie da Quello che sommamente amate” (Le sette armi spirituali).
Nel 1456 è chiamata dalle autorità ecclesiastiche a fondare una comunità di Clarisse a Bologna. All’inizio del 1463 dice alle consorelle: “Me ne vado con gioia. Con gioia, sempre ho patito per Cristo; e in questo sta tutto il mio desiderio, perfino in punto di morte”. Muore la sera del 9 marzo ma, dopo pochi giorni dalla sepoltura, viene esumata: fino ad oggi il suo corpo incorrotto siede su una cattedra nella chiesa del Corpus Domini a Bologna dove attende i suoi concittadini che sempre le si rivolgono con grande devozione. È canonizzata da Clemente XI nel 1712.
“Santa Caterina da Bologna, con le sue parole e con la sua vita, è un forte invito a lasciarci guidare sempre da Dio, a compiere quotidianamente la sua volontà, anche se spesso non corrisponde ai nostri progetti, a confidare nella sua Provvidenza che mai ci lascia soli. In questa prospettiva, santa Caterina parla con noi; dalla distanza di tanti secoli, è, tuttavia, molto moderna e parla alla nostra vita. Come noi soffre la tentazione… Si sente abbandonata da Dio, si trova nel buio della fede. Ma in tutte queste situazioni tiene sempre la mano del Signore, non Lo lascia, non Lo abbandona. E camminando con la mano nella mano del Signore, va sulla via giusta e trova la via della luce. Così, dice anche a noi: coraggio, anche nella notte della fede, anche in tanti dubbi che ci possono essere, non lasciare la mano del Signore, cammina con la tua mano nella sua mano, credi nella bontà di Dio”. (Benedetto XVI, Udienza 29.12.2010)
Francesco Costa