Tra i nuovi Ordini Mendicanti che fioriscono nell’epoca di S. Francesco e S. Domenico vi è l’Ordine della Santissima Trinità fondato da S. Giovanni de Matha (†1213) il cui carisma è fare della fede nel dogma della Trinità il motore di una spiritualità sociale. La rivelazione del Dio-Trinità è l’annuncio che Dio è Amore: nell’obbedienza al progetto di amore del Padre per l’umanità peccatrice, il Figlio si spoglia della sua gloria e si fa uomo. Così, a imitazione di Cristo, il cristiano è chiamato ad andare verso il fratello prigioniero delle strutture di peccato per renderlo partecipe dello Spirito liberatore, dono di Cristo, e insieme al fratello tornare al Padre misericordioso. Perciò i Trinitari si distinsero per l’aiuto ai poveri, la cura dei malati e soprattutto nel combattere lo schiavismo per mezzo del riscatto e la liberazione degli schiavi. Ma all’epoca del Concilio di Trento l’Ordine si è allontanato dallo spirito originario: si loda l’austera Regola primitiva ma è difficile trovare chi voglia applicarla. In Spagna Fra Juan Dueñas nel 1594 fonda un convento a Valdepeñas in cui poter vivere la Regola originaria. Nel 1596 qui passa Juan Bautista Garcia, celebre predicatore.
Nasce a Almodóvar del Campo (Castiglia) quinto di otto figli di una famiglia di ricchi commercianti profondamente cristiani (il padre è parente di S. Giovanni Ávila). Di salute cagionevole, studia nel convento dei Carmelitani Scalzi che S. Teresa d’Ávila ha fondato a pochi metri dalla casa paterna. Nel giugno 1576 la Santa, ospite per alcuni giorni in casa sua, dice al quindicenne: “Giovannino, studia, verrai dietro a me”, per indicare la futura missione di riformatore religioso. Studierà filosofia nelle università di Baeza e Toledo, dove a 19 anni decide di entrare nell’Ordine dei padri Trinitari; il 29 giugno 1581 emette la professione religiosa e prosegue gli studi teologici ad Alcalá de Henares. Ordinato sacerdote nel 1589, diviene celebre come predicatore; è uomo di vasta cultura stimato da grandi letterati come Lope de Vega e Cervantes.
Ora, giunto in quel romitorio di Valdepeñas, sente un fortissimo desiderio di aderire più perfettamente al carisma trinitario ma ha paura di perdere l’applauso del mondo e la stima della gente importante. Infine decide – abbandonando il “Dio molto zuccherato” fin lì seguito – di abbracciare il Dio Crocifisso in tutta la sua povertà e radicalità. Ostacolato dai superiori si reca a Roma dove nel 1599 ottiene da papa Clemente VIII l’approvazione dei “Trinitari Scalzi”. Messo a capo della congregazione assume il nuovo nome di Giovanni Battista della Concezione. Le vocazioni si moltiplicano e nel 1605 i Trinitari Scalzi diventano un Ordine religioso autonomo ed egli viene eletto superiore generale. La volontà di far osservare fedelmente la Regola in tutta la sua austerità provocherà malumore nei confratelli, nonché esplicite ribellioni, tanto che scaduto il mandato non viene rieletto ma, come semplice frate, spostato continuamente di convento in convento. Con umiltà e nell’ubbidienza ai superiori si dedica alla diffusione del carisma trinitario fondando nel 1612 la prima comunità di monache Trinitarie Scalze. Afflitto da calcolosi renale, quando nel convento di Cordova il medico gli pronostica l’approssimarsi della morte, esclama: “Quale gioia quando mi dissero: andremo nella casa del Signore!”. Muore il 14 febbraio a nemmeno 52 anni d’età.
Beatificato nel 1819 da Pio VII, nel 1975 è canonizzato da Paolo VI che lo indica quale modello dell’autentico rinnovamento ecclesiale auspicato dal Concilio Vaticano II: “Perché è chiaro che un determinato periodo della Chiesa non può caratterizzarsi come epoca di riforma autentica e fruttuosa, se non produce una costellazione di Santi. In occasione di queste canonizzazioni… non è opportuno ricordare il V capitolo della Costituzione dogmatica Lumen Gentium, che ci parla della vocazione universale alla santità nella Chiesa? Si! Ci sembra un momento favorevole per proporre a tutti i nostri collaboratori nell’evangelizzazione, vescovi, sacerdoti, diaconi, religiosi, e laici, la sfida della santità, sapendo bene che senza di essa, il rinnovamento sarà compromesso e si perderà il frutto primario e fondamentale… Non c’è autentico rinnovamento ecclesiale, senza il rinnovamento interiore, senza ubbidienza, senza croce. Solo la santità produce frutti di rinnovamento!”.
Francesco Costa