I bisogni del cuore: dalla teoria evoluzionistica di Darwin alla piramide dei bisogni di Maslow

APPROFONDIMENTI

Le parole non colgono il significato segreto, tutto appare un po’ diverso quando lo si esprime, un po’ falsato, un po’ sciocco, e anche questo è bene e mi piace moltissimo, anche con questo sono perfettamente d’accordo, che ciò che è tesoro e saggezza d’un uomo suoni sempre un po’ sciocco alle orecchie degli altri»

(Siddharta – H. Hesse)

Tra gli Europei di calcio disputati e le Olimpiadi non potevo che cominciare con una storia sportiva. Ecco l’immagine. Un figlio chiede al padre di partecipare insieme all’“Ironman”. Dovete sapere che nel mondo sportivo l’Ironman è considerato il triathlon più duro che esista al mondo (comprende 4 km di nuoto, 180 km di bicicletta e 42 km di corsa). Il padre decide di accettare la sfida e con il suo sì comincia l’avventura. La storia che potrebbe all’apparenza sembrare comune, banale, diventa straordinaria guardando le immagini diffuse su you-tube: il padre in questione accetta la sfida, e decide di portare con sé suo figlio affetto da tetraplegia. Spinge la carrozzina mentre corre, nuotando trascina il figlio posizionato su di un gommone, pedala con una bicicletta speciale lungo il percorso scelto per la competizione. Ogni sforzo di questo padre, ogni goccia del suo sudore si annulla nella scena finale del video con l’immagine del sorriso del figlio al traguardo che dice “I can”, “Io posso”, “I can do all things through him who strengthens me” – Posso fare qualsiasi cosa in colui che mi fortifica (Filippesi 4, 13).

Chissà se Charles Darwin (padre dell’evoluzionismo) si commuoverebbe di fronte a questa scena. Chissà se con le sue teorie racchiuse nel libro “L’origine delle specie” (1859) sarebbe in grado di trovare l’anello di congiunzione tra un paterno gesto tanto eroico e l’idea di adattabilità e selezione della specie.

Lungi dal trovare soluzioni a questioni che attanagliano l’animo umano da millenni, lo scopo di questo scritto sarà quello di illustrare un piccolo gruppo di personaggi (Darwin, Freud, Cannon, Hull e Maslow) presenti nella letteratura scientifica, che hanno fatto la storia non solo della psicologia occupandosi soprattutto di quelli che sono i bisogni dell’uomo e delle motivazioni che spingono l’uomo ad agire. Senza riportare nello specifico ogni loro teoria ne raccoglierò i punti che ritengo essere funzionali al nostro percorso, rimandandovi, quando possibile, alla relativa bibliografia per approfondire al meglio gli argomenti trattati. Una riflessione per una migliore comprensione del testo: in questi piccoli scorci temporali che riporterò sarà lampante una battaglia di idee che a partire dalla cartesiana divisione tra res cogitans (la mente psichica) e res extensa (il cervello biologico), si è prolungata fino ai giorni nostri. Quello che vorrei è affermare l’unicità e l’indivisibile natura dell’essere umano che è fatto di componenti biologiche e psichiche.

Nella speranza di rispondere a qualche domanda e catturare la vostra attenzione, cominciamo.

Esistono dei bisogni universalmente riconosciuti? Se sì, quali? Esiste un “bisogno” spirituale?

Ci sono diverse difficoltà ad analizzare il concetto di bisogno. Il concetto di bisogno nelle società moderne è utilizzato come una unità di misura ad esempio per l’ordinamento giuridico, le politiche sociali, il sistema sanitario (stabilisce i diritti fondamentali di ogni cittadino, le responsabilità che questi hanno rispetto alla loro condizione di bisogno, il peso sociale di un evento raccolto, la celerità degli interventi).

Jean Piaget[1] nel 1968 dice:“Un bisogno è sempre la manifestazione di uno squilibrio; si ha bisogno quando qualcosa al di fuori di noi o dentro di noi, nella nostra struttura fisica o mentale, si è modificato e quando si tratta di riadattare la condotta in funzione di questo cambiamento.

Mangiare o dormire, giocare o raggiungere i propri scopi, rispondere ad un interrogativo o risolvere un problema, riuscire in una buona imitazione, stabilire un legame affettivo, mantenere il proprio punto di vista, sono altrettante soddisfazioni che, negli esempi precedenti, porranno termine alla condotta specifica suscitata dal bisogno. Si potrebbe così dire che ad ogni istante l’azione viene squilibrata dalle trasformazioni che si manifestano nel mondo, esterno od interno, e ogni nuova condotta consiste non soltanto nel ristabilire l’equilibrio, ma anche nel tendere verso un equilibrio più stabile di quello dello stato anteriore a questa perturbazione”.

Ecco, il termine bisogno possiede intrinsecamente due significati che assumono per me due tempi fondamentali: un tempo presente fatto di “necessità”, di stati d’animo; un tempo futuro, più o meno remoto, che ci predispone all’“azione” necessaria a coprire il bisogno sopraggiunto (in una calda giornata d’estate ho sete e decido di andare verso il frigorifero per prendere un bel bicchiere di acqua fredda).

Allora qual è la forza che ci spinge a compiere specifiche azioni? Quale la motivazione?

Secondo Darwin, la selezione naturale opererebbe sugli istinti così come su tutte le altre caratteristiche innate dell’individuo: gli istinti tramandati sono quelli che consegnano al loro possessore maggiori possibilità di sopravvivere e procreare. Lui definisce istinto una “tendenza comportamentale a base genetica”, cioè per Darwin un istinto è uno schema innato di comportamento che viene eseguito in risposta ad uno specifico stimolo. I comportamenti del mondo animale e dell’uomo così come i caratteri genetici sono trasmissibili e soggetti al processo di selezione: esiste una lotta continua per la sopravvivenza all’interno della stessa specie e anche all’esterno. Nella lotta sopravvivono gli individui più favoriti, cioè quelli meglio strutturati per giungere alle risorse naturali messe loro a disposizione, che riescono ad ottenere un vantaggio riproduttivo sugli individui meno adatti.

Alla fine dell’Ottocento le teorie basate sul concetto di istinto (Darwin, 1859; Wundt, 1896) furono gradualmente abbandonante. L’avvento nella psichiatria dell’epoca dell’aggettivo “dinamico” per qualificare fenomeni non riconducibili a malattie organiche del sistema nervoso costituì la premessa storica per la nascita della prospettiva psicodinamica[2] che ha in Freud l’esponente più famoso e nel concetto di pulsione la propria base teorica. Freud costruì la sua “teoria pulsionale”[3] basandola sul concetto d’istinto. Gli istinti o “spinte originarie” responsabili del comportamento e del pensiero, sono considerati come elementi a volte irrazionali e disposizioni psicologiche innate[4]. “Il comportamento è frutto di energie antagoniste, quelle legate alla forza vitale, EROS (istinto o pulsione di vita), spinta all’auto-conservazione e alla continuità della specie, e quelle legate ad una forza mortale, THANATOS (istinto o pulsione di morte), spinta verso l’aggressività e la distruttività” così lo riassumeva un mio vecchio professore. Certo per uno psicologo riassumere in due righe tutto il lavoro di Freud, la sua rivoluzione culturale, il suo impatto sulla comunità scientifica dell’epoca e non solo, potrebbe valere in certi contesti la pena di morte, ma in questo lavoro è importante seguire una evoluzione rispetto alla concezione di “bisogno” e della spinta motivazionale all’azione. Il “biologico” istinto darwiniano subisce nella psicoanalisi freudiana una brusca e profonda evoluzione teorica manifestata dal passaggio dal concetto biologico di istinto a quello “psicologico” di pulsione. Inoltre la teoria psicoanalitica ha il merito di aver spostato lo studio dei bisogni e della motivazione da un piano conscio ad uno inconscio: i comportamenti in quest’ottica sono determinati dalle pulsioni sia attraverso la scarica della tensione pulsionale (che così è in grado di raggiungere la sua meta), che con la rimozione della tensione pulsionale ad opera dei meccanismi di difesa[5].

Nel tempo anche il concetto di pulsione ha subito delle modifiche e nuovamente si ritorna a concetti fisiologici per spiegare al meglio il perché di alcuni comportamenti umani. La teoria omeostatica di Cannon (1929) afferma che quando un evento altera l’equilibrio interno dell’individuo, i tessuti inviano dei segnali che avvisano l’organismo, portando il soggetto ad attivarsi per il ripristino di quell’equilibrio originario (omeostasi interna). Un quesito: come spiegare il bisogno di conoscenza umano? Come quello di identità religiosa e spiritualismo[6]?

Nel 1943 Hull (psicologo comportamentista) si rese conto che i processi omeostatici di Cannon potevano spiegare, in realtà, solo in parte la motivazione ed i bisogni. Per Hull l’ambiente gioca un ruolo fondamentale: gli stimoli esterni (chiamati da lui “incentivi”) giocano un ruolo vitale nell’amplificare le pulsioni biologiche fondamentali o per evocarne altre che non sono sostenute da un bisogno. Il comportamento è regolato da una relazione costi-benefici: un soggetto cercherà, di conseguenza, quei comportamenti che apportano un guadagno o effetti positivi evitando quelli che implicano costi o punizioni. Per Hull il comportamento, così come la maggior parte degli incentivi e punizioni, è appreso mediante l’esperienza[7]. Psiche, ambiente, equilibrio interno, incentivi esterni… Siamo sulla buona strada, ma ancora non ci siamo. Alla base del funzionamento della nostra coscienza si trovano tutta una serie piuttosto ampia di bisogni da soddisfare, a livello individuale, familiare e sociale, e nella vita reale, quella di tutti i giorni, spesso interagiscono insieme più bisogni, che ci spingono ad attuare diversi comportamenti, legati a diverse motivazioni. Ammettendo che a volte le differenti motivazioni possano entrare tra loro in conflitto, ci troviamo adesso davanti alla necessità di ordinare i bisogni e i motivi a seconda dell’importanza che essi man mano assumono. Maslow (psicologo americano) nel 1954 spiega questa esigenza attraverso una gerarchia dei bisogni rappresentata graficamente da una piramide (vedi figura 1) .

Tale teoria a mio avviso risponde a buona parte delle domande poste all’inizio. Nella piramide ogni bisogno è concatenato all’altro secondo una gerarchia che è sia biologica che esistenziale. La “spinta della necessità” va dal basso verso l’alto e solo quando un bisogno viene realizzato si può passare alla risoluzione di quello successivo. Alla base della piramide ecco i bisogni fisiologici, connessi con la sopravvivenza dell’organismo (Respirazione (aria), nutrimento (acqua e cibo), eliminazione delle scorie, riposo, riproduzione). Nella scala delle priorità i bisogni fisiologici sono i primi a dovere essere soddisfatti perché alla base di tali bisogni c’è l’istinto di sopravvivenza.

 

 

 

Se tali bisogni sono soddisfatti, si può passare a quelli di sicurezza, connessi con la protezione dell’individuo, la sua tranquillità e libertà. Tale categoria di bisogni riguarda, ad esempio, la capacità di mantenere il corpo in salute, l’esigenza di trovare un riparo, una casa, un ambiente che sia in grado di proteggere dalle intemperie e dai pericoli, consentendoci il riposo e l’intimità con i nostri cari. A seguire i bisogni di appartenenza consistono nel bisogno di sentirsi parte di un gruppo, sentirsi amati. Appartenenza e amore sono bisogni connessi alla relazione con i genitori e con la famiglia di origine. È attraverso il legame con i genitori che il figlio sviluppa la coscienza della dimensione affettiva e relazionale.

Vi sono poi i bisogni di stima (che si collegano al bisogno di essere rispettati e apprezzati) e i bisogni di autorealizzazione (legati al bisogno di realizzare la propria identità in tutte le sue potenzialità).

“L’appagamento ultimo di un essere umano (la spinta primaria e la ragion d’essere della specie) è l’urgenza di realizzare le proprie potenzialità naturali proprio come una pianta si sviluppa dal seme. Il bisogno di autorealizzazione assume varie sfaccettature: da una parte il bisogno di esprimere la propria irripetibile e unica verità personale al di là dei compromessi e, dall’altra, il bisogno di esprimere i propri talenti, la propria intelligenza e sensibilità in un’opera creativa che lasci il segno del proprio passaggio su questa terra, che dia dignità e onore alla propria vita portando appagamento e pace alla mente e al cuore”[8].

Ecco che nelle parole di Anastasia Miszczyszyn ritroviamo il senso del gesto del “padre Ironman” dell’introduzione. Ecco qui il suo bisogno: lasciare un segno, dimostrare il proprio e l’altrui talento (quello del figlio) per ritrovare appagamento e pace in un sorriso. Ecco che con Maslow ci si apre, forse a volte anche con troppa semplicità, un mondo nuovo fatto di bisogni che tutti possono riconoscere.

Definiti alcuni bisogni (a mio avviso universali), al gradino più alto della piramide dei bisogni si può aggiungere quello di trascendenza (trovare il significato ultimo dell’esistenza, valicare il proprio ego e aiutare gli altri a realizzarsi). Quest’ultima parte dei bisogni sarebbe in Maslow collegata con il sentimento di appartenenza ad un “ordine cosmico trascendente ed eterno”, che in qualche modo possa dare appagamento a quel bisogno così tipicamente umano di immortalità e infinitezza. Tale bisogno di trascendenza, che ci dà forza e ci stimola a grandi imprese, è racchiusa nel passo iniziale “Posso fare qualsiasi cosa in colui che mi fortifica” (Filippesi 4, 13). In questo passo credo si esprima tutta la motivazione di un padre che si immola per un figlio, o inversamente di un figlio (che per chi è cattolico è rappresentato da Gesù) capace di superare le più efferate forme di insulto e crudeltà, per testimoniare al mondo l’amore del padre verso gli uomini. In un articolo molto interessante del 2010, Vicentini riassumendo un po’ lo stato delle cose all’interno della psicologia della religione[9], afferma che il trascendente è una parte tipica di ciò che significa essere umani. Diversi ricercatori (McCauley, 2001; Snyder e McCullough, 2000; MacDonald, 2000; Hill, 1999; Piedmont, 1999; Allen 1997) hanno evidenziato l’importanza e l’influenza positiva della religione sulla comprensione di stati emotivi, sull’esperienza emozionale in genere, sulla personalità e la crescita dell’individuo. Elkins (2001), un promotore della spiritualità umanistica, definisce sei qualità proprie della spiritualità: la spiritualità è “universale” (io sottolineo che è un “bisogno universale”); è un fenomeno umano; il suo nucleo comune è fenomenologico[10]; è la nostra capacità di rispondere al numinoso[11], è caratterizzata da una “misteriosa energia” e il suo obiettivo ultimo è la compassione.

Miller e Thorsen (2004) sottolineano quanto possa essere una reale frontiera per la psicologia, di pubblico interesse, studiare la relazione tra spiritualità e salute, e che le passate convinzioni relative all’impossibilità di studiare scientificamente il fenomeno debbano essere superate. Ionata (2004) afferma:

Da tempo gli psicologi teorizzano che la religione sia nata come processo cognitivo basato su una logica fallace e su deduzioni errate; in sostanza essi fanno osservare che l’uomo prova paura e anela al conforto e per questo si è immaginato un potente protettore in cielo. Secondo l’approccio neurologico di Newberg e d’Aquili, invece, Dio non è il prodotto di un processo cognitivo-deduttivo, non è un fatto di idea e basta, ma è stato “scoperto” durante un’esperienza mistica o spirituale, che la coscienza umana ha potuto vivere grazie ai meccanismi della trascendenza inscritti nel cervello. «In altre parole, gli esseri umani non s’inventano per via cognitiva un Dio potente e poi si affidano alla loro invenzione per acquisire un senso di controllo, ma esperiscono Dio, nell’accezione più ampia e radicale del termine, attraverso lo stato mistico»”.

Secondo l’autore tale stato mistico sarebbe raggiungibile vivendo l’esperienza di Dio, realizzando così la presenza mistica di “Gesù in Mezzo”, presenza d’amore che prima d’essere a disposizione del singolo individuo si manifesta come un percorso collettivo fatto di comunione e condivisione.

Ecco che alla fine comprendiamo meglio l’importanza di guardare alle cose, alle persone, nella loro unicità: mente, cervello, corpo, biologia, psicologia, emozioni, sono parte integrante e costituente di un unico individuo che agisce e si muove nella società. Ogni parte di questa “piramide individuo”, è in relazione con l’altra (ne è origine e causa) e ogni bisogno (universalmente riconosciuto) nasce ed influenza l’agire dell’individuo nel suo complesso. Alla luce di questo si capisce meglio che indipendentemente dalla razza, dal sesso, dalle confessioni religiose, in malattia o in salute, tutti esprimiamo delle “necessità imprescindibili” che devono essere tutelate. Di chi dovrebbe essere questo compito?

Franco Basaglia[12], lo psichiatra responsabile della famosa legge 180 che contribuì alla chiusura dei manicomi, ci fornisce la risposta: “Non esistono persone normali e non, ma donne e uomini con punti di forza e debolezza ed è compito della società fare in modo che ciascuno possa sentirsi libero, nessuno sentirsi solo”.

Ognuno di noi ha, nel suo cuore, il bisogno di raggiungere qualcosa che vada oltre il limite del visibile ed è compito di una società cosciente e consapevole operare affinché tali bisogni possano realizzarsi.

La Chiesa deve operare nella società. Affermare questo, che all’apparenza potrebbe sembrare inutile, in realtà impegna tutti coloro che ne fanno parte e vi operano all’interno (comunità religiose, famiglie, consacrati, laici) a riflettere e ad assumersi le proprie responsabilità. La Chiesa è quel luogo dove i bisogni del cuore possono essere riscoperti, ed è per questo che ogni giorno dobbiamo essere “testimoni responsabili” e tutori dell’unica verità: Dio è amore e lo è verso tutti.

Bibliografia

Aletti M., Psicologia, psicoanalisi e religione: studi e ricerche, Dehoniane, Bologna. 1992.

Darwin C., On the Origin of Species, John Murray, London. 1859.

De Girolamo et al., Franco Basaglia, 1924–1980, American Journal of Psychiatry 165 (8): 968., 2008.

Elkins D.N., Beyond religion: toward a humanistic spirituality, See Schneider et al. 2001, pp. 201–12, 2001.

Emmons R. A. and Paloutzian R. F., The Psychology of Religion, Annual Review of Psychology, 53, 377- 402, 2003.

Galimberti U., Enciclopedia di Psicologia, Garzanti Libri, 1999.

Miller W. R. and Thoresen C. E., Spirituality, Religion, and Health – An emergent field, American Psychologist, Vol 59(1), Jan 2004, 54-55.

Ionata P., Il cielo nella mente, La vita secondo la psicologia positiva,P.A.M.O.M., Roma, 2004.

Maslow A., Motivazione e personalità, Armando Editore, 2010.

Miszczyszyn A., Il potere delle radici, Apogeo, 2008.

Mitchell S. A., Black M.J., L’esperiena della psicoanalisi, Bollati Boringhieri, Torino, 2007.

Piaget J., Lo sviluppo mentale del bambino, Einaudi, Torino, 1967.

Vicentini M., Psicologia della religione – appunti liberi per la discussione, Centro Camilliano di Formazione, 26 settembre 2010.

NOTE

1 Piaget è stato uno psicologo, pedagogista. È considerato padre dell’epistemologia genetica (studio sperimentale delle strutture e dei processi cognitivi legati alla costruzione della conoscenza nel corso dello sviluppo) ed il suo lavoro costituisce una pietra miliare nello studio sperimentale della psicologia dello sviluppo

2 Il concetto di dinamica implica un concetto di movimento. Woodworth (1918) parla di ‘psicologia dinamica’. Essa era appunto fondata sul concetto di spinte o “motivi” del comportamento. Woodworth mise in evidenza la “dinamica interna” all’organismo per spiegare come a determinati stimoli l’organismo reagisse con determinate risposte e non con altre.

3 La pulsione sarebbe in Freud una energia psichica alla base dei processi dinamici. Le pulsioni si presenterebbero come bisogni organici che possono manifestarsi come stati corporei spiacevoli che richiedono con maggiore o minore urgenza di essere alleviati. Es. se non si beve per un certo periodo, l’organismo avrà bisogno di acqua e attiverà la pulsione della sete; la sete orienterà il comportamento individuale al fine di ottenere l’acqua. Queste forze inconsce possono essere contrastate da forze di origine razionale, con un notevole dispendio di energia.

4 Per un maggior approfondimento si rimanda al testo di Mitchell & Black (2007).

5 “La teorizzazione dei meccanismi di difesa è mutuata dall’esperienza clinica di vari psicoanalisti, nell’osservazione delle più comuni reazioni dei pazienti a esperienze particolarmente penose o considerate insuperabili, ma anche nei confronti di situazioni relazionali comuni, che però creano difficoltà nell’integrare la sfera delle pulsioni e quella morale”. (Fonte Wikipedia)

6 L’accezione di spiritualismo è ripresa dalla corrente filosofica spiritualista. È un concetto sempre legato alla ricerca metafisica di Dio e strettamente ai temi dell’interiorità spirituale propri dell’esistenzialismo. Il bisogno di conoscenza, invece, è spiegato da tutti i punti descritti da Maslow. Per identità religiosa intendo quel processo di identificazione con una religione di riferimento, condivisione dei valori di riferimento. Due movimenti principali: un primo dove la religione assume una posizione culturale specifica; un secondo dove la religione assume una valenza soggettiva, chiamando in causa la crescita della persona e lo sviluppo della sua identità e personalità. “L’identità religiosa (ma anche atea) è una identità psicologica e si contraddistingue per i medesimi processi che regolano la formazione dell’identità psichica di una persona.” (Vergote, 1999).

7 Legge di Hull “La forza dell’abituazione è direttamente proporzionale al numero delle associazioni fra stimolo e risposta a essa connesse che hanno subito un rinforzo” (Galimberti, 1999).

8 Anastasia Miszczyszyn (2008).

9 Il termine “psicologia della religione” è utilizzato qui con il significato che ne dà Vicentini “La psicologia della religione è quella branca della psicologia che si occupa dello studio dei fenomeni religiosi con un approccio di tipo empirico e scientifico”.

10 La fenomenologia, fondata da Husserl, è qui vista con la concezione propria dell’approccio psicoterapico fenomenologico “dove l’attuazione dell’antico imperativo “Conosci te stesso” non richiede un altro di fronte a te che, interpretando, ti racconti la tua storia, ma un contesto affettivo che ti consenta di sperimentare l’ampliamento della capacità di osservare il tuo vissuto nel suo darsi. Conoscere Cristo è terapeutico. Comprendere il motivo del “suo” sacrificio, ci rende uomini migliori e aiuta a comprendere noi stessi”.

11 Per numinoso Jung intende “una qualità di un oggetto visibile o l’influsso di una presenza invisibile che causa un particolare cambiamento della coscienza”. Egli ritiene indispensabile all’esperienza del numinoso una predisposizione a credere in una potenza trascendente. Numinosa è quindi l’esperienza d’incontro col sacro nascosto, col senso non ancora svelato. Parlando di Dio in una delle ultimissime interviste Jung dice: “Tutto ciò che ho appreso nella vita, mi ha portato passo dopo passo alla convinzione incrollabile dell’esistenza di Dio. Io credo soltanto in ciò che so per esperienza. Questo mette fuori campo la fede. Dunque io non credo all’esistenza di Dio per fede: io so che Dio esiste”.

12 Per una veloce revisione si rimanda a De Girolamo et al., 2008

Dott. Vincenzo Capuano, Psicologo, “Seconda Università degli Studi di Napoli – Dipartimento di Psicologia” e IIASS

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