Caterina Gerosa (S. Vincenza) nacque il 29 ottobre 1784 a Lovere, in Brianza, primogenita di Giannantonio e di Giacomina Macario. La sua era una famiglia patriarcale benestante: c’era il nonno Ambrogio e numerosi zii che lavoravano con successo e non dimenticavano mai di provvedere ai bisogni di tanti poveri. Si respirava aria di generosità in quella casa, ma non mancavano anche tensioni per le differenze di temperamento e abitudini. Caterina crebbe alternando lavoro, carità, preghiera. Purtroppo era fragile di salute, ma questo non le impediva il lavoro e la sollecitudine verso i familiari e i poveri. Il dolore bussò presto alla sua porta: il padre Giannantonio, malato da molto tempo, morì, lasciando le tre figlie e la moglie, quest’ultima molto poco gradita ai cognati. Caterina, oppressa dal dolore e dalla inquietudine per il futuro, guardò con fede e fiducia le piaghe del Crocifisso e a Lui affidò tutto. Fu il principio di una sequenza di colpi duri che si abbatterono su di lei. Prima morì la sorella Francesca, da tutti rimpianta come un angelo di bontà, e poi gli zii allontanarono la mamma che non tolleravano più in casa. Una decisione incompatibile con le convinzioni di quella famiglia, e di cui non conosciamo la vera motivazione. Alle figlie fu impedito di aiutarla nelle sue necessità e per raggiungerla e sostenerla dovettero ricorrere ad una zia materna. Come al solito fu il Crocifisso a consolare tanto dolore. Intanto maturava nel Parroco don Rusticiano Barboglio l’idea di aprire a Lovere un oratorio femminile per le esigenze e la formazione della gioventù e affidò questo incarico a Caterina, che già si occupava delle ragazze. Questa non esitò ad aprire la sua casa. Nel 1824 la svolta: Caterina fa amicizia con Bartolomea Capitanio, una maestrina di Lovere, con una certa istruzione e tanto spirito di iniziativa. Bartolomea ha una idea: fondare un ospedale; presenta il progetto all’amica e la coinvolge in questa avventura. Dopo due anni, con l’apporto dei beni di Caterina ereditati dalla famiglia riescono nel loro intento. E ora? Chi manderà avanti l’ospedale? Bartolomea non teme le avventure. Riesce a convincere Caterina a fondare un Istituto, con l’obiettivo di assistere i malati, istruire gratuitamente le giovani, costruire orfanotrofi e assistere la gioventù. Nell’autunno del 1832 le due donne danno vita all’Istituto e il 2 novembre, dopo la celebrazione della Messa offerta per loro, si recano a casa De Gaia, – il Conventino – accompagnate dal parroco Don Rusticiano e don Angelo Bosio; qui, davanti all’altare della Madonna, promettono a Dio di dedicarsi interamente al sostegno dei poveri per amore di Gesù. E comincia per loro una vita tutta dedicata all’Amore. Alla sera, dopo una giornata spesa per assistere le orfane, visitare gli ammalati, correre all’oratorio, le due amiche si riunivano per studiare il libro delle Regole, che Don Bosio aveva loro procurato scegliendo quelle che si ispiravano a S. Vincenzo de’ Paoli. Si servivano anche di un Promemoria, proposto da Bartolomea, che dava precise indicazioni. Avrebbero fatto tutto il possibile per aiutare le persone bisognose prendendo come esempio e guida Gesù Redentore, che accettò di morire in croce per mostrare l’infinito amore di Dio.
Per Caterina Gesù crocifisso era “il gran libro da meditare e da imitare”. “Chi sa il crocifisso sa tutto”, diceva spesso.
Le vie del Signore non sono le nostre: il 26 luglio 1833 Bartolomea muore a 26 anni. Sul letto di morte lei e Caterina hanno il coraggio e la fede di firmare l’atto di fondazione dell’Istituto da consegnare alle autorità ecclesiastiche. È un colpo terribile per Caterina. È sola, è poco istruita, si sente quasi vecchia, vorrebbe lasciare tutto. Ma rimane, incoraggiata dai sacerdoti e da tante giovani che non si rassegnano a vedere chiuso il Conventino. Ci vollero parecchie soste davanti al Crocifisso, infine disse “Se Dio vuole sia fatta la sua volontà”. Sul sacrificio di Caterina, come albero giovane, l’Istituto continuava a ramificare; si aprirono conventi a Milano, Brescia, Cremona. Caterina diceva: “è il Signore il padrone dei cuori. È lui che li tocca e li chiama. L’opera è sua e sa quello che torna in bene, lasciamo fare a Dio”. Nel 1840 arriva il riconoscimento pontificio dell’Istituto e iniziano canonicamente le Suore di Maria Bambina, con le Regole scritte da Bartolomea e Caterina che, il 14 settembre del 1841, prende i voti con il nome di Suor Vincenza.
“La vecchia”, come si auto-chiamava per umiltà, anche di fronte a personalità, raggiunse il suo Gesù il 20 giugno 1847, mentre stringeva sul cuore il Crocifisso e diceva “lasciatemi andare”. Unite in un medesimo amore per Gesù e i suoi “poveri”, Bartolomea Capitanio e Vincenza Gerosa furono canonizzate insieme, nell’Anno Santo 1950, da Pio XII.
Preghiera
Santa Vincenza, accogliesti in pura fede, nell’abbandono completo di te stessa al volere divino, la missione che ti ha congiunta a Bartolomea. Aiutaci a spogliare la nostra fede da ogni razionalismo così che riacquisti quell’intelligenza d’amore, quella forza di intuizione e di operosità, quel senso del divino che nascono da un cuore proiettato con fiducia nel mistero semplice e infinito di Dio…. Accompagnaci nei momenti difficili, tu, la grande obbediente che Dio ha esaltato. Amen. (Albarica Mascotti)