Nasce a Londra il 21 febbraio 1801 primogenito di una agiata famiglia anglicana. Bambino di intelligenza precoce si distingue per il rapido progresso nello studio; adolescente avido di sapere si appassiona alla lettura, compresi libri contro le verità religiose che lo portano all’incredulità, ma nell’estate 1816 ha una crisi spirituale. A seguito di una sua grave malattia e del tracollo economico del padre banchiere, il quindicenne John Henry sente acutamente il dramma esistenziale dell’insicurezza del destino umano: “Ma Dio nella sua pietà toccò il mio cuore; da quel momento non l’ho più dimenticato e Lui non si è più dimenticato di me”. L’umano strumento di quella che Newman stesso definirà “Prima Conversione” è il suo precettore, fervoroso evangelico, che gli fa leggere testi teologici e spirituali; nel giovane si forma così l’intima certezza della reale esistenza di un mondo invisibile: “nel senso cioè di isolarmi dagli oggetti che mi circondavano, di rafforzare la mia diffidenza verso la realtà dei fenomeni materiali, di ancorarmi al pensiero di due e solo due esseri assoluti, di un’intrinseca e luminosa evidenza: me stesso e il mio Creatore”. Profondamente commosso dal messaggio di santità proposto dalla Rivelazione cristiana, comprende che la perfezione spirituale non può limitarsi ad un’astratta teoria intellettuale ma che deve comportare la pratica quotidiana del discernimento della verità e la costante tensione alla santità: “La santità piuttosto che la pace!” divenne il motto di tutta la sua vita.
A 16 anni entra all’Università di Oxford. Newman, che ben presto cominciò a farsi notare per le sue grandi doti intellettuali, si sente irresistibilmente attratto dalla carriera accademica e dalla vocazione ecclesiastica (che ad Oxford erano tutt’uno). Nel 1822 è docente dell’Oriel College, nel 1828 è parroco della chiesa universitaria di St. Mary da dove con i suoi sermoni domenicali produrrà una profonda influenza sugli studenti e sullo stesso anglicanesimo. Nel suo primo sermone universitario in occasione del Natale insiste sul concetto che la vita cristiana altro non è che imitazione di Cristo “il Tutto Santo”: “Si incarnò per amor nostro affinché diventassimo partecipi della sua santità”; “Egli fu modello di santità nella sua nascita e in tutti i momenti della sua vita”. Attraverso il proprio lavoro accademico si sforza di evidenziare la nota della santità quale attributo essenziale della Chiesa. Grande è infatti la sua preoccupazione per gli sviluppi della dottrina anglicana:
il diffondersi del razionalismo che tende a relativizzare la verità oggettiva del dogma cristiano e di contro una teologia ufficiale sempre più di impostazione protestante. Egli vuole restaurare nella Chiesa Anglicana la vera dottrina cattolica che ipotizza dover essere la “Via Media” tra le eresie protestanti e le esagerazioni della Chiesa Romana. Grazie all’enorme ascendente intellettuale che Newman esercita su colleghi e studenti nasce il “Movimento di Oxford”, con lo scopo di dare una interpretazione cattolica degli articoli di fede anglicani. La riprovazione della gerarchia anglicana lo porta alle dimissioni da docente e parroco. Assieme ad alcuni discepoli si ritira a Littlemore, villaggio presso Oxford, dove sull’esempio dei Padri della Chiesa si instaura una vita fatta di studio e preghiera. “I Padri mi fecero Cattolico”, ammetterà in seguito Newman, poiché lo studio delle eresie dei primi secoli lo porta a concludere che la verità non fu mai un compromesso tra due dottrine opposte ma fu sempre da una parte sola: Roma, ieri come oggi. Nel saggio “Sullo sviluppo della dottrina cristiana” spiegherà che le dottrine formulate durante i secoli dalla Chiesa Romana sono lo sviluppo coerente della fede apostolica poiché la Chiesa, essendo un organismo vivente, necessita di uno sviluppo spirituale. Il 9 ottobre 1845 al Beato Domenico Barbieri, passionista italiano missionario in Inghilterra, chiede di essere ricevuto nella Chiesa Cattolica. Inviato a Roma presso il Collegio di Propaganda Fide, vi fu ordinato sacerdote il 30 maggio 1847. Alla ricerca di una regola religiosa che si confacesse al temperamento inglese, rimane affascinato dalla figura di San Filippo Neri ed entra così nella Congregazione dell’Oratorio; fonda nel 1848 l’Oratorio a Birmingham e nel 1849 a Londra. Incompreso e osteggiato dalla gerarchia e dai suoi stessi confratelli vive per oltre quarant’anni (tranne che per brevi periodi) a Birmingham, occupandosi della parrocchia, ma è disposto a tornare nell’agone mediatico quando è necessario difendere la propria persona e l’onore della Chiesa Cattolica. Nel 1855 pubblica un “Memorandum sull’Immacolata Concezione” per difendere il dogma dagli attacchi del suo antico collega di Oxford il reverendo Pusey. Nel 1864, a seguito delle pubbliche accuse di disonestà intellettuale da parte del predicatore di corte della regina Vittoria, risponderà con l’“Apologia pro vita sua”, autobiografia con cui ripercorre il processo intellettuale e spirituale che lo ha portato ad abbandonare l’anglicanesimo e abbracciare il cattolicesimo, un’opera che gli valse il rispetto e l’ammirazione dell’opinione pubblica britannica. Infine nel 1875 con la “Lettera al Duca di Norfolk” difende il dogma dell’infallibilità pontificia dagli attacchi di Lord Gladstone e con arguzia e umorismo cerca di demolire i secolari pregiudizi antipapisti insiti nella mentalità inglese.
Nel 1879 papa Leone XIII lo crea cardinale quale supremo riconoscimento della piena ortodossia della sua opera di filosofo e di teologo. Ad un bambino impressionato nel vederlo rivestito della porpora e che gli chiede se siano più importanti i cardinali o i santi, risponde: “I cardinali appartengono a questo mondo, solo i santi sono del cielo”. Muore l’11 agosto 1890; commentando la notizia, il giornale Times scrisse: “Roma lo canonizzi o meno, egli è canonizzato nel pensiero della gente religiosa di tutte le confessioni cristiane d’Inghilterra”.
È beatificato a Birmingham il 19 settembre 2010 da papa Benedetto XVI.
“È opinione di molti santi che, se noi vogliamo essere perfetti, non dobbiamo fare altro che adempiere i nostri doveri quotidiani. Ecco una via breve che porta alla perfezione; breve non perché sia facile ma perché tutti la possono seguire. Non vi sono vie brevi per raggiungere la perfezione ma ve ne sono alcune sicure. […]
È perfetto chi fa in modo giusto le sue azioni giornaliere, per raggiungere la perfezione non abbiamo bisogno di oltrepassare questi limiti. Insisto su questo punto, poiché ritengo che ciò renderà più semplici le nostre idee in proposito, e dirigerà i nostri sforzi verso uno scopo ben definito. Se tu mi domandi che cosa fare per essere perfetto, io ti risponderò così: non rimanere a letto dopo l’ora fissata per la levata, rivolgi i tuoi primi pensieri a Dio, fa’ una breve visita a Gesù sacramentato, recita devotamente l’Angelus, mangia e bevi per la gloria di Dio, recita bene la corona, sii raccolto, caccia i cattivi pensieri, fa’ con devozione la meditazione della sera, esamina ogni giorno la tua coscienza. Fa’ questo e sarai perfetto.”
John Henry Newman, “Meditations and Devotions”