Un uomo andò da un maestro di preghiera e gli chiese: ”Insegnami a pregare”. Il maestro gli disse: “Perché vuoi pregare?” “Perché pregare è la somma scienza”. Il maestro lo mandò via dicendogli: “Torna tra un anno”. L’anno dopo, l’uomo tornò, si ripeté la scena, ma cambiò la risposta: “Perché voglio diventare santo”. Il maestro gli disse ancora una volta: “Torna tra un anno”. Ritornato da lui, l’uomo gli disse subito: “Insegnami a pregare, perché voglio cercare Dio”.
La vera preghiera nasce dal desiderio di Dio. Cercare Dio per Dio, perché è Lui, così come noi siamo contenti di essere cercati per noi stessi e non per quello che facciamo o che abbiamo. Cercarlo ogni giorno: la preghiera come la vita è quotidiana, aver pregato ieri non serve se non prego anche oggi. È più utile alla crescita spirituale dedicare ogni giorno anche solo qualche minuto alla preghiera che aspettare di avere più tempo e più voglia per farlo. Nella preghiera non è importante “sentire”, ricevere consolazioni, posso pregare anche quando non riesco a concentrarmi o mi distraggo, poiché ciò che conta non è l’attenzione ma l’intenzione: sapere verso chi sto andando, chi desidero incontrare. Pregare non è riflettere su Dio, parlare di Lui, ma parlare a Lui, sintonizzarsi con il suo cuore, accogliere e vivere la sua volontà. Se prego cambio davvero, se prego divento riflesso della sua bellezza e santità.
Bisogna tendere con tutte le forze alla santità ma non esiste la santità senza la preghiera… il cristiano vale quanto prega… le nostre comunità devono diventare sempre più luoghi di preghiera, luoghi di contemplazione e di lode, dove il cuore dell’uomo si riempie dell’amore di Dio (Giovanni Paolo II).
Prima settimana pregare per ritrovare se stessi
«Mio Dio, se tu sei dappertutto, come mai io sono così spesso altrove?» (Madeleine Delbrêl).
Quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte (Lc 15,8-10).
Solo nel Dio che si rivela trova pieno compimento il cercare dell’uomo. La preghiera che è apertura ed elevazione del cuore a Dio, diviene così rapporto personale con Lui. E anche se l’uomo dimentica il suo Creatore, il Dio vivo e vero non cessa di chiamare per primo l’uomo al misterioso incontro della preghiera. Come afferma il Catechismo: “Questo passo d’amore del Dio fedele viene sempre per primo nella preghiera; il passo dell’uomo è sempre una risposta. A mano a mano che Dio si rivela e rivela l’uomo a se stesso, la preghiera appare come un appello reciproco, un evento di alleanza. Attraverso parole e atti, questo evento impegna il cuore. Si svela lungo tutta la storia della salvezza” (Benedetto XVI).
Mi fermo, ascolto, medito, faccio silenzio, chiedo che la preghiera mi faccia ritrovare me stesso
Seconda settimana pregare per scoprire il volto di dio
Manifesta il tuo volto, la tua immagine che hai impresso in noi: non bisogna che essa rimanga oscura; manda un raggio della tua sapienza, affinché risplenda in noi la tua immagine. Sia in me visibile la tua immagine; e se mai avvenga che io la deformi un poco, riformala Tu che l’hai formata (S. Agostino).
“Esci e fermati sul monte alla presenza del Signore”. Ecco, il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento ci fu un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto ci fu un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco ci fu il mormorio di un vento leggero (1Re, 19, 11-12).
Manteniamo il contatto con il divino, creando abitualmente in noi un’atmosfera di silenzio, di raccoglimento: la parola di Dio non sempre giunge con il fragore dell’uragano, più spesso è una voce umile, nascosta, quasi impercettibile, che ha bisogno di attenzione e di sensibilità vigile per essere colta e compresa (G. Giaquinta).
Mi fermo, ascolto, medito, faccio silenzio, chiedo che la preghiera mi faccia scoprire il volto di Dio
Terza settimana pregare per vivere e respirare in dio
Avviene nella preghiera qualcosa di simile a ciò che avviene nell’albero, grazie al processo di clorofilla: l’albero vive e fiorisce perché le sue foglie, esposte alla luce, fissano l’ossigeno dell’aria; il credente vive e si rinnova quando nella preghiera si «espone» alla luce di Dio e «fissa» nella sua anima lo Spirito Santo. La preghiera è il nostro ossigeno spirituale (Raniero Cantalamessa).
La Tua parola mi fa vivere (Sl 118).
Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me (Gv 6, 57).
Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla (Gv 15,5).
Pregando si diventa amore, e la vita acquista il senso e la bellezza per cui è stata voluta da Dio. Pregando, si avverte sempre più l’urgenza di portare il Vangelo a tutti, fino agli estremo confini della terra. Pregando, si scoprono gli infiniti doni dell’Amato e si impara sempre di più a rendere grazie a lui in ogni cosa. Pregando, si vive. Pregando, si ama (Bruno Forte).
Mi fermo, ascolto, medito, faccio silenzio, chiedo che la preghiera mi faccia vivere tutto in Dio
Quarta settimana pregare per diventare amore
Attraverso la preghiera possiamo far entrare nel nostro cuore il dolore e la sofferenza di tutti, tutti i loro conflitti e le loro angosce, tutti i loro tormenti e tutte le guerre, tutta la fame, la solitudine e la miseria, non per una qualche nostra grande capacità psicologica o emotiva, ma perché il cuore di Dio è diventato una cosa sola con il nostro (Henri Nouwen).
Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi”. Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25, 34-40).
La nostra preghiera non potrà essere un caricare le spalle di Dio delle nostre responsabilità, non sarà un alibi: l’abbiamo usata troppo spesso in questo senso. Tra questo tipo di preghiera e Lui, Dio mette le nubi -come dice il profeta-, non l’ascolta e non la riconosce. Eppure per molti cristiani la preghiera è un mezzo di falsa pace, una fuga dalle responsabilità di fronte agli altri uomini. Non si può pregare perché cessino le sofferenze senza un gesto che aiuti questa fine: la preghiera deve essere in noi la fonte di un passo nella sofferenza per farla cessare. Non si può pregare per la pace senza far seguire alla preghiera un comportamento conseguente… Il Vangelo dice forse: chi ha due mantelli preghi per chi non ne ha? Non dice forse ne dia uno a chi non ne ha? D’altronde, per saper che cosa fare, il cristiano non dovrà forse ascoltare la Parola? Cioè pregare e aprirsi affinché tale parola munita di efficacia gli trasformi la sua realtà e lo apra alla realtà del prossimo? È questo l’istante in cui l’azione è un atto di Dio. Innanzitutto impariamo ad ascoltare, a vedere, a comprendere Dio e i fratelli dell’umanità intera, poi agiamo secondo questa sapienza divina che si rivela nella Scrittura, nei Sacramenti, nella vita (D. Bonhoeffer).
Mi fermo, ascolto, medito, faccio silenzio, chiedo che la preghiera mi renda capace di amare