Non esiste la santità senza la preghiera: basterebbe questa affermazione di Giovanni Paolo II* a motivare e spiegare da sola il tema della Giornata della Santificazione Universale 2011: Pregare perché?
I santi, capolavori di umanità, nella più svariata tipologia delle loro esistenze, hanno mostrato quanto possa riflettere soprannaturalità la vita terrena, quanto la fisionomia dell’essere umano può avvicinarsi alle altezze dell’amore divino, attraverso l’esperienza trasformante della preghiera.
Essi ci dicono, ci raccontano perché pregare, ci sono maestri e testimoni delle «cose di lassù», contemplate e vissute nell’esistenza di ogni giorno.
Siamo continuamente sollecitati dai pastori della Chiesa, e ultimamente dalle preziose catechesi di papa Benedetto XVI, a rimettere la preghiera al centro dei nostri interessi, a non stancarci di educare il cuore e la vita al contatto vitale con Dio, perché la preghiera, come esperienza viva di ricerca, attesa, bisogno, incontro, dialogo vero, inscritta nell’animo umano, educhi a vivere in pienezza la propria umanità, riporti continuamente alla Sorgente, sia un crescere nella somiglianza con l’Autore della vita, sia il segreto di un cristianesimo veramente vitale.
* Giovanni Paolo II, Lettera autografa, 28 aprile 2001
Pregare perché?
Una domanda a cui la Giornata della Santificazione Universale vuole dedicare spazio di riflessione, di formazione, di confronto, di esperienza, nel solco di un tempo liturgico e di una festività che dona risalto alla testimonianza dei santi, alla invocazione forte per la santità di tutti, al riconsiderare con serietà e gioia la propria personale chiamata a diventare santo, chiamata che ha bisogno di sempre nuovi richiami e traguardi.
Pregare perché?
Negli approfondimenti e attraverso gli strumenti che questo sussidio offre, a questa tematica non vengono date risposte teoriche ma va colto l’invito a entrare dentro una esperienza e a farsene promotori, con e per altri, nelle comunità, negli ambienti dove si svolge la nostra vita, e forse proprio dove la preghiera ci sembra meno praticabile. Come la santità, la preghiera ci richiama a qualcosa che abbiamo insito nella nostra natura, che è come inscritto nel nostro DNA. Partendo da una attenzione antropologica possiamo sempre riscoprire che l’uomo “non si accontenta della presenza di Dio… Egli vuole dialogare con Lui, stabilire un contatto, affidare ed affidarsi a Colui il quale ha fatto tutte le cose…. Diceva C. G. Jung: “l’uomo senza Dio si ammala”. Se la condizione di orfano, già solo nell’esperienza terrena, lascia una ferita aperta per tutta la vita, come possiamo pensare allora che si possa essere compiuti senza essere accolti, abbracciati, coccolati, seguiti, confortati dal quel Dio che ci ha pensati prima che fossimo?” (E. Luparia, cfr p. 14)
Alle ragioni naturali fa eco il sovrappiù di umanità che riceviamo da Cristo e in Lui si innesta la ricerca inesauribile di una amicizia e di un legame sempre più denso di amore per Dio e in Dio. La preghiera allora ne è il senso, la strada, il percorso, la scuola, la palestra, mistero di dialogo e di comunione profonda nel quale ci è possibile comprendere il progetto di Dio, la Sua volontà (F. Magro, cfr p. 30), in cui scrivere pagina dopo pagina la storia della propria santità.