Il Venerabile Servo di Dio nasce il 14 maggio 1842 a Voghera (Pavia), diocesi di Tortona, dai nobili Francesco Prinetti e Serafina Pedevilla, leali sudditi dei Savoia che al battesimo gli imporranno il nome Carlo Felice.
Terzo di sei figli di cui saranno sacerdoti il maggiore Paolo e il minore Giacomo; quest’ultimo, devoto di S. Giuseppe, chiedeva una grazia l’anno che immancabilmente otteneva: una volta chiederà che anche il fratello Felice divenga sacerdote.
Felice, intelligente e studioso, si iscrive al Collegio Nazionale di Torino; nel 1857 supera gli esami di ammissione alla Facoltà di Scienze Matematiche: a soli 16 anni è matricola universitaria! A 18 anni entra nella Regia Accademia Militare di Torino, ne uscirà laureato in Ingegneria e ufficiale d’Artiglieria e del Genio. Nel 1866 si arruola come volontario nell’esercito del re di Sardegna, prendendo parte alla III Guerra d’Indipendenza contro l’Austria; nel 1870 il generale Cadorna gli chiede se vuol avere “l’onore” di partecipare alla presa di Roma ma Prinetti rifiuta: “La mia coscienza non me lo consente”. Il capitano Prinetti è uomo profondamente colto (ingegnere in un’epoca di analfabetismo elevatissimo) e di una fede religiosa profonda, schietta e virile: recita quotidianamente il rosario, è membro delle Conferenze di S. Vincenzo e partecipa in divisa alle processioni in un periodo in cui essere anticlericale e massone era la norma tra i militari. E sarà proprio un commilitone nel 1873 che, vedendolo in divisa e sgranando il rosario seguire devotamente un sacerdote che porta il Viatico, lo insulterà dandogli del “bigotto” e gli lancerà il guanto di sfida; rifiutare di battersi a duello era considerato un disonore per gli ufficiali ma la Chiesa punisce con la scomunica i duellanti: l’unica soluzione è il congedo dall’Esercito. Il padre Abbona degli Oblati di Maria Vergine, missionario per 30 anni in Birmania, era giunto in Piemonte a capo di una delegazione ufficiale cercando tra l’altro un consulente militare per il re di Birmania; allo Stato Maggiore dell’Esercito gli avevano indicato a tale scopo proprio il capitano Prinetti che, ora non più militare, vuole ugualmente seguirlo ma come missionario. Il 1° gennaio 1874 ormai trentenne inizia il noviziato a Nizza presso gli Oblati di Maria Vergine persuaso della bontà del loro carisma: fedeltà al Papa, formazione spirituale e intellettuale del clero e diffusione della buona stampa. Il 6 gennaio 1875 fa professione religiosa; il 23 dicembre 1876 è ordinato sacerdote; sarà insegnate di filosofia e latino ai chierici poi nel 1880 Superiore-economo della riaperta casa di Pinerolo.
Nel 1881 il confratello Berchialla nominato arcivescovo di Cagliari lo porta in Sardegna come segretario. Qui sarà collaboratore del vescovo, rettore del seminario, docente e padre spirituale dei seminaristi; direttore dell’ufficio amministrativo diocesano; redattore del primo periodico cattolico sardo: “Il Risveglio”; confessore e direttore spirituale delle comunità religiose. Guida spirituale della giovane vedova Eugenia Montixi, e di tante altre donne desiderose di consacrasi a Dio nel servizio della Chiesa e del prossimo, ebbe così l’ispirazione di dare vita nel 1888 alla prima congregazione religiosa femminile nata in Sardegna: le “Figlie di S. Giuseppe”.
Nel 1889 il gesuita padre Porqueddu per salvare i suoi parenti dalla rovina economica e dalla prigione, propose al padre Prinetti l’acquisto delle loro proprietà terriere a Genoni in Gallura, diocesi di Oristano. Dopo un periodo di riflessione e di preghiera padre Prinetti con l’eredità paterna comprò quel latifondo, inviandovi le suore che vi aprirono: una scuola per bambini poveri, un ricovero per orfani e anziani infermi nonché una cucina che distribuiva i pasti gratuitamente. Nel 1895 le “Suore di San Giuseppe di Genoni” otterranno l’approvazione diocesana e il Servo di Dio sarà riconosciuto come fondatore: “Io desidero che vi ricordiate che San Giuseppe è il vostro modello nel servire Gesù e Maria; egli li serve nel silenzio, nella preghiera, nel lavoro… San Giuseppe tace e vive oscuro nella sua bottega. Ma era con Gesù e con Maria!”.
Diceva: “Gesù è infinitamente buono. C’è tanto da fare per Lui, per salvargli le anime. Le forze mancano ma siamo beati perché crediamo e soffriamo per Lui”
Nel 1894 il Servo di Dio è a Giaveno (Torino) come rettore del collegio degli aspiranti oblati, nonché maestro dei novizi e formatore dei chierici, fino al 1903; senza trascurare la guida delle sue suore per via epistolare e con due visite annuali in Sardegna; dal 1903 al 1906 è rettore della chiesa di S. Francesco d’Assisi in Torino.
Nel 1906, su richiesta dell’Arcivescovo di Pisa Pietro Maffi, fonda la comunità degli oblati nel Borgo S. Jacopo alle Piagge, quartiere industriale alla periferia di Pisa completamente in mano agli anarchici. Questa fase finale della sua vita lo vide impegnato in una faticosa spola fra le sue suore e le opere pastorali a Pisa. Padre Felice vieta la questua nella sua chiesa e
sceglie la strada della carità prosciugando tutta l’eredità familiare e le offerte dei benefattori: passa le ore in chiesa in adorazione del Santissimo con il borsello al fianco, sempre pronto a dare a chiunque chieda; anche di notte sta in chiesa per poter beneficare anche quelli che per motivi ideologici si vergognano di farsi vedere con i preti.
Il venerabile p. Felice Prinetti venne in contatto con il venerabile Giuseppe Toniolo, docente di Economia all’Università di Pisa, insieme al quale istituì la prima scuola di Sociologia in Italia e attuò innumerevoli opere assistenziali, tra cui ricordiamo: una Cassa Malattia, una Cassa depositi e prestiti, l’Unione agricola dei mezzadri, il Circolo “Aurora” per la gioventù femminile, il Circolo “Avvenire” per gli uomini, la Scuola di lavoro per le ragazze, l’Oratorio S. Tarcisio per i ragazzi, l’Associazione Maestri Cattolici, l’Associazione della Dottrina Cristiana, la Federazione Universitari cattolici, ecc. Inoltre il cardinal Maffi lo incarica della direzione spirituale delle congregazioni religiose femminili nonché dei corsi di esercizi spirituali per il clero della diocesi. Alle sue cure spirituali l’arcivescovo affida i sacerdoti che avessero deviato nella fede o nei costumi che in base alla sua diagnosi vengono reintegrati o prontamente allontanati dal ministero:“Abbiamo tanto bisogno di santi. Noi preti inganniamo facilmente le persone pie che ci giudicano con carità dalle parole, dalle apparenze; ma i fatti sono lì: settantacinquemila sacerdoti in Italia, e i frutti dove sono? Non è un pensiero che fa tremare?”. Di sé diceva: “Se non mi faccio santo sono peggio di un traditore”. Muore a Pisa colpito da improvviso infarto il 5 maggio 1916.
Il 19 Aprile 2004 papa Giovanni Paolo II ha approvato il decreto che attesta l’esercizio “in grado eroico” delle virtù “verso Dio e verso il prossimo”.