Gesù prega
Il Figlio di Dio diventato Figlio della Vergine ha anche imparato a pregare secondo il suo cuore d’uomo. Egli apprende le formule di preghiera da sua Madre, che serbava e meditava nel suo cuore tutte le «grandi cose» fatte dall’Onnipotente. Egli prega nelle parole e nei ritmi di preghiera del suo popolo, nella sinagoga di Nazareth e al Tempio. Ma la sua preghiera sgorga da una sorgente ben più segreta, come lascia presagire già all’età di dodici anni: «Io devo occuparmi delle cose del Padre mio» (Lc 2, 49). Qui comincia a rivelarsi la novità della preghiera nella pienezza dei tempi: la preghiera filiale, che il Padre aspettava
dai suoi figli, viene finalmente vissuta dallo stesso Figlio unigenito nella sua umanità, con gli uomini e per gli uomini.
(Catechismo Chiesa Cattolica, 2599)
Ci guida il Servo di Dio GUGLIELMO GIAQUINTA (da La preghiera)
Gesù unito al Padre
L’unione di Gesù con il Padre non è, come per noi, frutto di sforzo; in Lui infatti è naturale in quanto c’è una sola Persona, la Persona divina e le due nature sono profondamente congiunte, c’è una sintonia perfetta tra la intelligenza umana di Cristo e la divina sapienza del Verbo, tra la volontà umana di Cristo e la volontà divina del Verbo.
La grande missione di Cristo è la rivelazione della Buona Novella, l’evanghelion: c’è un Padre che ci ama e ci aspetta. Quindi Cristo dobbiamo pensarlo non come una realtà statica, ma come un essere che ama, che ama sempre più ardentemente, che in ogni momento è spinto a un amore sempre più profondo verso il Padre.
Cristo realizza pienamente quanto ci ha insegnato: “pregate senza smettere mai”. In lui l’unione con il Padre è costante, non può esserci un frammento di tempo, neppure di secondi, in cui venga a mancare questa unione attuale in Cristo; unità tra il Verbo e la natura umana, per cui Egli è continuamente in unità con il Padre e quindi è continuamente in preghiera.
Il tempo della preghiera
La preghiera come unione con Dio non ha tempi, è continua, ma in quanto espressione esterna possiamo distinguerne i tempi e le forme. I tempi: quanto tempo Gesù dedicava alla preghiera? Vedremo come ogni buon ebreo avesse dei momenti di preghiera. Gli ebrei pregavano cinque volte al giorno.
…abbiamo in Gesù dei lunghi periodi di preghiera intensa. Una prima osservazione: nei trent’anni di vita privata a Nazareth, Gesù viveva accanto a due creature eccezionali, la Madonna e San Giuseppe, la loro era una vita di preghiera, di intensa preghiera. Possiamo facilmente immaginare la meraviglia della preghiera di quella che è stata chiamata la Trinità in terra: San Giuseppe, la Madonna e Gesù. I lunghi momenti – non sappiamo,
ma è facile intuirlo – di silenzio, di nascondimento in cui Gesù non appare, in cui Gesù opera la Redenzione attraverso il sacrificio del nascondimento, della povertà, della banalità di ogni giorno, li trascorrevano nel lavoro e nella preghiera.
Saremmo portati a pensare che nel momento in cui Gesù inizia la vita pubblica si dia ad una azione intensa per cui non ha neppure un istante di tempo per pregare. Gesù ha voluto, però, indicarci che le grandi azioni si preparano con l’esperienza del deserto, una esperienza durata quaranta giorni, nei quali Gesù non mangia, non prende bevanda, ha l’esperienza della pura preghiera. Gesù è colui che, per primo, ha fatto veramente l’esperienza del deserto.
Quando comincia la vita impegnata nell’apostolato, Gesù durante il giorno non aveva tempo per pregare, spesso era assediato dalle folle, quindi si alzava molto presto e a volte si allontanava dagli Apostoli – ne abbiamo la conferma in qualche passo evangelico – per pregare. … Al sopraggiungere del buio la gente si allontana, gli Apostoli dormono, Gesù durante la notte, che era il tempo migliore per pregare, pregava erat pernoctans in oratione Dei (cfr Lc 6, 12). Il testo non dice che “una volta” pregava, ma che frequentemente erat pernoctans, abitualmente; forse non ogni notte, ma molto spesso Gesù passava la sua notte nella preghiera.
Di tanto in tanto poi interrompe il ritmo serrato e intenso di lavoro: “Andiamo un po’ sulla montagna a pregare”, oppure “Andiamo in un luogo deserto”, diceva agli Apostoli, in desertum locum et requiescite…, “Così potete riposare, così possiamo distenderci e pregare”. Questa è la preghiera di Gesù, il tempo che Gesù dava alla preghiera esterna.
Contenuto e forma della preghiera
Gesù, come tutti gli ebrei, pregava cinque volte al giorno: al mattino, alla sera e tre volte durante il giorno. Ci fermiamo a riflettere sulla preghiera che gli uomini ebrei recitavano durante il sacrificio mattutino e vespertino.
Gli uomini, perché le donne ne erano dispensate, anche se molte recitavano anch’esse questa preghiera che aveva un nome particolare, shémà. La preghiera dello shémà è stata certamente ripetuta dal Signore e per noi è importante sapere che cosa Gesù dicesse e il contenuto della sua preghiera.
Lo shémà è preso dal libro del Deuteronomio e vi è incluso quel grande comandamento che troviamo nell’Antico e nel Nuovo Testamento: Ascolta, Israele – Shémà vuol dire Ascolta, Israele – questo è il comandamento di Dio: amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutto il tuo spirito, con tutte le tue forze (cfr Dt 4, 1).
Il contenuto di questa preghiera è il fondamento teologico su cui ci basiamo per affermare la vocazione universale alla santità, la pienezza dell’amore, la totalità dell’amore. In altri termini significa che almeno due volte al giorno Gesù pregava per la santità universale. Questo shémà, questa preghiera perché gli uomini amassero totalmente Dio, sulle labbra del Signore fa una profonda impressione e indica quanto sia necessario che ci uniamo ad essa. Può essere anche attraverso quella giaculatoria che noi già recitiamo: “O Cuore Immacolato di Maria, vivo modello di ogni santità, dona tu la fiducia di diventare santi”, purché sia una espressione del cuore; può essere attraverso quell’altra giaculatoria: “Gesù, Maria, fateci santi”, che è un po’ il nostro esicasmo1; può essere attraverso qualsiasi altra formula, ma è importante che ci sia questa preghiera per la santità. Se c’è un gruppo di persone che devono pregare per la santità, non solo propria ma degli altri, siamo noi.
La preghiera dell’Ultima Cena risponde anch’essa a una forma tradizionale di preghiera e questo indica come Gesù fosse ligio alle forme tradizionali.
Gli ebrei recitavano lo shémà, Gesù recita lo shémà. Gli ebrei nella Pasqua recitavano il Grande Allel – l’Alleluia, l’esaltazione di Dio – Gesù nell’Ultima Cena recita anch’Egli il Grande Allel; et oratione dicta, cioè dopo aver detto il Grande Allel. Tutta la composizione dell’ultima preghiera di Gesù corrisponde sostanzialmente a una preghiera ben determinata nella sua struttura di fondo, quella della espiazione, un nome ormai diventato famoso perché in ebraico si chiama Kippur e l’ultima guerra tra palestinesi e israeliani2 è detta guerra del Kippur, la guerra della festa della purificazione.
La struttura essenziale della preghiera dell’Ultima Cena è quella del Kippur, del grande sacerdote che purifica se stesso e tutto il popolo.
Ultima forma di preghiera è quella salmodica; Gesù conosce e ripete i Salmi. Durante la crocifissione, durante l’agonia sulla croce troviamo la citazione di almeno tre Salmi e molto probabilmente Gesù ha recitato tutto il Salmo e forse molti altri.
Abbiamo anche moltissime preghiere personali, per esempio la preghiera estatica sul Tabor, la preghiera del giubilo – bellissima! – che conosciamo dal vangelo di Matteo: ti ringrazio, Padre, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli (cfr Mt 11, 25). Accanto alle forme tradizionali quindi troviamo in Gesù la creatività della preghiera.
1 Il Corso di Esercizi Spirituali è rivolto a membri del Movimento Pro Sanctitate.
2 Il Corso di Esercizi Spirituali è stato dettato nel 1973, pubblicato nel 1975, seconda edizione nel 2006.